Io pago, noi paghiamo, essi rubano

corruzione

Da nord a sud la politica italiana ruba, truffa, estorce e lo fa da sempre, aggiornando all’occorrenza, le modalità esecutive che modula e, direi, affina secondo l’evoluzione dei tempi, dunque anche della disponibilità di mezzi tecnologici, sempre più raffinati, veloci, fuggevoli ad ogni controllo. Nell’era del web, delle connessioni rapide, tanto efficaci per trasferimenti di capitali, tangenti o mazzette che subito possano volatilizzarsi verso paradisi fiscali o prestanome di comodo, dobbiamo riconoscere come il furto, la truffa, l’estorsione rischino di apparire sempre più collaterali e funzionali alla politica, sino al punto di sbiadire i loro contorni di manifesti reati.

La politica ladrona, tranquilli non uso l’aggettivo per simpatia o prossimità leghista, ma solo per la sua efficacia lessicale di facile presa popolare, risulta davvero devastante e sprezzante: offende l’onestà dei cittadini; disprezza gli elettori; ancora, indebolisce le motivazioni e la responsabilità della buona condotta dei contribuenti; infine penalizza la trasparenza, i tempi della pubblica amministrazione e riduce le risorse finanziarie a disposizione della comunità nazionale. Viviamo questa persistente, crescente realtà criminosa della politica, ormai quasi abituati e rassegnati, pure indifferenti e con la premura di starne lontano, magari fingendo di non vedere.

Viviamo, cosa ancora più grave e umiliante, nella consapevolezza personale e collettiva di una sconfortante coniugazione al presente della nostra condizione di cittadini: “io pago … noi paghiamo …essi (i politici) rubano”. Qualcuno obietterà che le mie parole sono offensive dei politici onesti, che pur tenacemente e lodevolmente esistono e resistono in “questo mondo di ladri”, tanto per dirla alla Antonello Venditti, quindi mi si accuserà dell’irresponsabilità qualunquistica di fare d’ogni erba un fascio: accusa, però, molto incauta perché ignara quanto, ormai l’erba della politica sia solo o perlopiù infestante gramigna, pur sempre con la spiga, ma non certo quella fruttifera del grano od altro generoso cereale, per cui veramente minima risulta adesso la possibilità di fasci differenziati per valore e dignità.

Da decenni il malaffare politico italiano viaggia a destra come a sinistra, una volta più nella prima direzione che nella seconda, ma ora, direi, sicuramente in parità; se, poi, nel tempo, poco sono mutati gli ambiti, le finalità di tanto malaffare, molto, invece, è cambiato lo spessore dei suoi protagonisti. Va premesso che in politica si è sempre rubato e si ruba su due piani: quello finalizzato prevalentemente al finanziamento della rappresentanza organizzata dei partiti, comprese le loro correnti o talune fondazioni a loro prossime; poi, il piano, oggi dominante, dell’arricchimento personale da parte di sempre più numerosi esponenti politici. I due piani si sono spesso incrociati e tuttora s’incrociano, magari, uno prevalente sull’altro o viceversa: così, sino alla fine della Prima Repubblica nel 1994 è prevalso il finanziamento illecito dei partiti sull’arricchimento individuale, successivamente ha preso il sopravvento la voracità personale del politico: nel primo caso, soprattutto tangenti; nel secondo anche l’aggiunta di truffe ed estorsioni.

Questo mutamento del malaffare politico dopo la fine della Prima Repubblica è legato alla crisi dei partiti, quindi alla personalizzazione crescente della politica su una linea leaderistica, anche carismatica opposta alla vecchia condotta ideologica. Immutati, invece, pur nel loro adeguamento ai tempi, il coinvolgimento e la complicità di parti della Pubblica Amministrazione, alla quale sovente la politica ladrona appalta i piani del suo stesso malaffare.

Alcuni esempi storicamente illustrativi.
Scandalo di Fiumicino (1959-1961), Scandalo Lockheed (1976), Scandalo delle Carceri d’Oro (1988), Scandalo della Sanità (1983-1992), Scandalo Enimont (1993-2000) sono stati solo alcuni dei casi di finanziamento illecito per tangenti a favore di tutti i partiti: da quelli a vocazione governativa, quali la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Socialdemocratico, il Partito Liberale e, persino, il Partito Repubblicano nel caso dello scandalo di Fiumicino, a quelli dell’opposizione, in modo particolare il Partito Comunista attraverso la figura del suo cassiere Primo Greganti nel caso Enimont.

Certo, nell’ambito di queste considerazioni sul finanziamento illecito alla sinistra italiana non dobbiamo dimenticare come per la realizzazione nell’URSS del polo automobilistico di Togliattigrad la Fiat corrispondesse al gruppo industriale sovietico VAZ particolari oneri, costi di partnership, poi girati al governo del Cremlino e da quest’ultimo fatti pervenire al PCI unitamente, appunto, ai finanziamenti ordinari dell’URSS ai comunisti italiani (Valerio Riva, Oro da Mosca, ed. Mondadori, 1999). Invece, Scandalo delle Banane (1964), Scandalo del Vino Ferrari (1967), Scandalo Universitario dell’Assegno di Studio o Presalario (1974-1977), Scandalo delle Lenzuola d’Oro nelle Ferrovie dello Stato (1988), Scandalo di Affittopoli (1995), addirittura con il coinvolgimento dell’allora segretario del Pds Massimo D’Alema, e così, via via, sino ai più recenti scandali attorno alle mascherine anti-Covid sono esclusivamente casi di malaffare personale di taluni politici a scapito dei tanti cittadini, contribuenti onesti. Ma, in conclusione, perché in Italia la politica ha rubato e ruba ancora così tanto, più di quanto possa fare in paesi di maggior sviluppo economico e industriale?
La risposta può essere una sola: la mancanza nel nostro Paese di un forte senso dello Stato e di un partecipato orgoglio nazionale.

Da sempre l’Italia è priva di solide, seppur minime, basi di educazione civica, soprattutto riguardo al rapporto tra beni personali e beni della comunità. Sul piano del costume nazionale e, in modo particolare, di quello della classe politica questa carenza di cultura e responsabilità civica si traduce in convinzioni, di conseguenza in comportamenti davvero contrari allo sviluppo della stessa democrazia: qualunque patrimonio comune è tale solo teoricamente, alla fine se ne appropria il cittadino più forte; la furbizia personale è giustificata quale strumento di resistenza agli eccessi del potere e, qualora scoperta a rubare, si minimizza il più possibile sul filo dei cavilli e delle eccezioni perché tutto si riduca ad un “deprecabile incidente di percorso”; l’evasione fiscale costituisce quasi uno sport nazionale, persino avvallato da frequenti, diseducativi condoni; addirittura, nella coscienza di molti italiani rubare per il partito o il proprio gruppo non è considerato un reato perché si fa per gli altri! 

È, dunque, inevitabile e persistente che, in mancanza di cultura e educazione civica e in presenza di crescente “ignorantocrazia”, la società e la politica italiane risultino sempre più fragili e malate, inclini all’arte di arrangiarsi dentro una rete di clientelismi, privilegi, magari di abusi ben protetti. Intanto, molto amaramente …io pago …noi paghiamo …essi rubano.

Franco D’Emilio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *