Mi premono i numeri e i primi, qui esposti, sono desunti dagli atti dell’archivio corrente del nostro Senato della Repubblica, relativamente all’assegnazione di contributi a favore della galassia delle diverse associazioni partigiane. Ogni anno, l’anacronistico movimento partigiano incassa 3,5 milioni di euro: 1,9 milioni dal Ministero dell’interno; 1,6 milioni dal Ministero della difesa, sono, infatti, questi i due dicasteri preposti a contribuire all’attività delle associazioni combattentistiche, nelle quali vengono inclusi i partigiani, vetusti e novelli, non so con quale criterio definiti combattenti, considerato che perlopiù, mi riferisco chiaramente ai vecchi sopravvissuti, questi arrivavano a cose fatte dagli alleati oppure mostravano la schiena, come nelle parole dello scomparso Giorgio Albertazzi, celebre attore con un passato di sottotenente della Repubblica Sociale Italiana “Forse non dovrei dirlo… non sta bene, ma io i partigiani li ho sempre visti scappare, le poche volte che li ho visti”.
Tornando alle prebende ministeriali di stato ai partigiani, va specificato che la sola Anpi, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, si becca senza muovere un dito un contributo medio annuale di 350.000 euro. Inoltre, poiché ammessa al beneficio del 5×1000, previsto in sede di dichiarazione dei redditi, l’Anpi incassa mediamente circa 260.000 euro: dunque, dalla somma delle due ultime cifre siamo già a 610.000 euro annuali. Non basta, passando alle 20 amministrazioni regionali, incluse persino quelle fuori dal fenomeno storico della Resistenza, si registra un contributo medio all’Anpi di 9.400 euro a regione per un totale annuale medio di 188.000 euro che uniti alla regalia precedete fanno già 798.000 tondi tondi senza fare un piffero, però al grido esaltato e retorico, vorrei vedere il contrario, di “Ora e sempre Resistenza!”
Ancora, l’Anpi riceve contributi soprattutto dai comuni capoluoghi di provincia dell’area settentrionale e centrale, quest’ultima con Umbria, Marche e Toscana: stabili 58 comuni con un contributo medio annuale di 6.000 euro per complessivi 348.000 che con il totale precedente portano il gruzzolo resistenziale a 1.146.000 euro. A tutto questo vanno aggiunti gli introiti che l’Anpi riceve, sempre da regioni e comuni, per la realizzazione di propri progetti culturali sul territorio, solitamente “pro domo sua” e per il culto del mito resistenziale, beffeggiando e negando, invece, il dramma delle foibe: si parla di una cifra minima prossima ai 900.000 euro che portano il bottino complessivo dell’Anpi a 2.046.000 euro annuali.
Presto, la pacchia continua, l’Anpi riceverà fondi europei per contrastare le diseguaglianze e il revisionismo! Quale conclusione trarre? Una sola, amara e triste, l’Anpi sopravvive per questo suo redditizio business resistenziale: la guerra è finita da un bel po’, i partigiani sono praticamente quasi tutti defunti, eppure i soldi arrivano lo stesso e tanti, quindi servono nuovi iscritti per mantenere attiva l’associazione nella ricca mungitura del contribuente.
Franco D’Emilio
1 commento
Partigiani, brutti, sporchi, cattivi e anche “codardi”. In Romagna cose come queste sono sufficienti per beccarsi un bel ” “Ma va a caghêr”.