Proprio un secolo fa, tra il 6 maggio e il 31 dicembre 1923, ben sei decreti regi attuavano quella che, come convengono storici e pedagogisti di diverso orientamento, può giustamente definirsi la più radicale, incisiva e completa riforma scolastica italiana del ‘900.
Cento anni, però, non affatto consegnati, solo e definitivamente, alla storia, come avrebbero sperato tanti faciloni riformatori scolastici della sinistra, a partire da quelli della pasticciata istituzione nel 1962 della cosiddetta “scuola media unificata”: infatti,
le idealità e finalità della riforma del 1923 ancora oggi aleggiano nelle nostre aule, sia scolastiche che universitarie, non sempre luogo di apprezzabile formazione, educazione e confronto culturale, e segnano, influenzano il dibattito tanto attuale sulla crisi del nostro sistema scolastico.
Cento anni, quindi, della prima importante riforma fascista, subito in calendario al governo Mussolini per insistente, fermo proposito del suo autore, pure Ministro dell’istruzione, il filosofo Giovanni Gentile, a tale scopo ispirato dalla sua vasta esperienza di pedagogista, dalla sua filosofia idealista neo hegelista, in modo particolare dalla sua concezione dello stato. Cento anni, allora, della cosiddetta Riforma Gentile che ha segnato generazioni di italiani con la sua applicazione piena sino al 1962 e, poi, via via, sempre più ridotta sino alla scomparsa attorno a metà degli anni ’70.
Riforma scolastica, quella gentiliana, subito efficacemente in vigore, “spedita e dritta”, come ebbe a definirla Benedetto Croce, altro maestro di pensiero del ‘900 italiano. L’applicazione del nuovo modello fu, infatti, immediatamente estesa ad ogni livello di percorso formativo, inferiore e superiore, non ammise deroghe, insomma escluse ritocchi in corso d’opera.
I dati dell’ISTAT testimoniano come in soli quattro anni ovvero dal 1923 al ‘28, quindi con un quinquennio applicativo della Riforma Gentile, già il solo analfabetismo si riducesse dal 31% al 23,6%: pur con qualche difficoltà e ristrettezza di mezzi, si era realizzato un sistema scolastico territorialmente più diffuso perché decentrato, soprattutto per ridurre agli alunni eventuali problemi di distanza e raggiungibilità degli istituti scolastici.
A metà degli anni ’30 la nuova scuola gentiliana era pienamente attiva col suo duplice progetto di istruzione e educazione ai valori dello stato, come emblematicamente riassume la foto, qui allegata, di una 5° classe elementare mista a Galeata, Comune dell’appennino forlivese, nell’anno scolastico 1936-’37.
L’impegno del ministro Gentile nella radicale riforma scolastica italiana si era concretamente manifestato nella stessa accurata tabella di marcia dei provvedimenti, utili allo scopo; legge quadro riforma della pubblica amministrazione, compreso il corpo insegnante di ogni ordine e grado, dicembre 1922; riforma scuola media 1° e 2° grado e dei convitti nazionali, maggio e settembre 1923; nuovo assetto del Ministero dell’istruzione, luglio 1923; riforma della scuola superiore e dell’università, settembre 1923; riforma della scuola elementare, ottobre 1923; infine, nuove norme sull’obbligo scolastico, dicembre 1923. Per la loro celerità davvero ammirevoli tempi legislativi, assai lontani da quelli attuali, spesso persino al di sotto della lentezza di un bradipo.
Certo, la riforma della scuola di Gentile perseguiva l’ideale dello stato fascista, forte e autorevole, con l’istruzione, l’educazione del giovane cittadino ad essere preparato e consapevole sostegno dello spirito fascista, identitario della nazione; a questo scopo la scuola gentiliana anteponeva la missione della formazione intellettuale e spirituale alla visione utilitaristica, lavorativa, ritenuta successiva e complementare. La scuola italiana attuale è lo specchio, invece, di un’istruzione da società di massa, finalizzata all’utilità pratica e allo sbocco lavorativo, appiattita sulla semplificazione dei modelli e dei programmi culturali, peggio ancora sull’omologazione dei giovani ad un comune denominatore prefissato, fra l’altro pseudoegualitario, che, rigettando ogni criterio selettivo, comprime o ignora le doti personali dell’impegno, del merito; in questo senso, l’odierna scuola italiana è sì democratica, ma solo perché espressione di una società che si dichiara tale senza esserlo pienamente nella sua coscienza civile.
La scuola fascista educava lo spirito; selezionava, formava e forgiava, pure con prove eccessive o programmi eccessivi; indicava una finalità ideale, personale e collettiva; in particolare, costituiva un ascensore sociale. Oggi, invece, il sistema scolastico è senza idealità finali, non educa ai valori democratici, solo a chiacchiere tutela i “capaci e i meritevoli, pur privi di mezzi”, infine, si è ridotto a sfacciato mercato di contrattazione per promozioni e diplomi tra studenti, genitori e docenti.
Storicamente, la riforma scolastica di Giovanni Gentile è stata la boa di passaggio dell’Italia verso la modernità, provvedendo anche ad una classe dirigente più attuale, rispondente ai tempi. Di conseguenza, ha prodotto una maggiore estensione di sapere e conoscenza, come, appunto, imponeva il progresso del ‘900, e, finalmente, ha stabilito l’istituzione, per decenni disattesa, di un corso di studi superiore, l’Istituto Magistrale, che desse dignità alla formazione specifica degli insegnanti della scuola primaria.
Sicuramente, la Riforma Gentile non fu esente da limiti e pecche, anche legati alla sua impronta ideologica, ma deve riconoscersi come sino al 1962, quindi ben oltre la caduta del Fascismo, abbia dimostrato un’efficace rispondenza alle necessità formative del Paese, anche con una raccolta di riconoscimenti che onorano l’Italia; di seguito, ben quattro premi Nobel, i primi tre nella medicina, l’ultimo nella chimica, tutti formatisi nell’ambito della riforma scolastica e universitaria fascista: Rita Levi Montalcini (1909-2012), Salvatore Luria (1912-1991), Renato Dulbecco (1914-2012), Giulio Natta (1903-1979).
Tranne l’esame di maturità classica, ho studiato interamente nella scuola della Riforma Gentile, educato all’impegno, al merito, alla consapevolezza che ci sia sempre chi valga più di me, ma con me dia anch’egli una mano a costruire lo stato: tranquilli, non sono mai stato o diventato fascista e, per fortuna, unitamente alla mia famiglia, solo buoni professori, donne e uomini, preparati e autorevoli senza discussione, come voleva Giovanni Gentile, hanno saputo educarmi, anche e benissimo, ai valori pieni dell’odierna democrazia.
Franco D’Emilio