Oggi sulle pagine forlivesi de Il Resto del Carlino il giornalista Marco Bilancioni replica ad un mio intervento, legittimamente critico perché fondato, su un’intervista da lui fatta a Davide Minutillo, capogruppo di “Centrodestra per Forlì”, minima lista fiancheggiatrice e di puntello alla variegata maggioranza di centrodestra, ora al governo della città di Forlì. La mia critica non era tanto rivolta al conduttore dell’intervista e alle sue domande, ma soprattutto alle risposte dell’intervistato, palesemente nella esclusiva premura di calare le possibili carte del prossimo futuro del suo “Centrodestra per Forlì” nell’imminenza delle amministrative 2024: correre nuovamente da soli o confluire in un’altra formazione o partito. Comunque, vasta e concorde è stata l’idea di tanti lettori che si trattasse di un’intervista concertata tra i due.
Nella sua replica Marco Bilancioni mi ritiene denigratore feroce dell’eventualità di cambiare bandiera e gabbana, pratica amaramente diffusa e consolidatasi nella politica, locale e nazionale, dei nostri giorni. Certo, comprendo che l’uomo sia per definizione aristotelica un πολιτικὸν ζῷον ovvero un “animale politico”, capace di scelte razionali, ma, al pari di tanti cittadini, ho il buon senso e, pure, il diritto di distinguere tra chi politicamente fa scelte continuative sul filo logico della propria coerenza di pensiero e d’azione e chi, invece, saltuariamente e solo sul filo del proprio tornaconto, sempre molto molto interessato, decide, a seconda dei casi, come assicurare il personale futuro politico.
Bisogna capire se Minutillo con il suo “Centrodestra per Forlì” rappresenta qualcosa di peculiare e distintivo nel centrodestra oppure solo qualcosa di personalistico e senza spessore, disponibile al trasformismo del “salto della quaglia”.
Ormai, il “salto della quaglia”, inteso come inclinazione di taluni a cambiare ditta o azienda e, perché, no partito politico è pratica addebitabile, al momento, a più protagonisti della vita politica forlivese: Davide Minutillo non è il primo né sarà l’ultimo di tale schiera, ma questo non significa che i forlivesi debbano rassegnarsi all’ineluttabilità che il futuro del loro comune sia deciso, magari sul filo di lana, da alcune, ahimè decisive, banderuole.
A supporto del legittimo diritto di cambiare casacca in politica mi vengono richiamati taluni trascorsi “salti della quaglia” forlivesi, sicuramente poco esemplari sul piano dei valori umani e morali della politica, patrimonio, da tempo, ormai alle ortiche.
Così vediamo ex parlamentari al terzo cambio di maglia in un avvilente mercato delle vacche; abbiamo già visto un certo rigore d’impronta mazziniana, tradito per la vanità e il calcolo di una presidenza istituzionale; né possiamo dimenticare taluni guitti e saltimbanchi senza anima politica già in corsa per un rimpasto di assessorati.
Per carità, questo malcostume non risparmia neppure la sinistra che, forse, anche per questo assiste muta a tanto scempio della politica forlivese. Nella sua replica Marco Bilancioni parla di sfide dell’attuale maggioranza di centrodestra, ma se tali sfide, così epocali, consistono in quelle da lui menzionate ovvero una riflessione interna a Fratelli d’Italia o il “riaccoglimento” nella Lega di Francesco Lasaponara oppure un ripensamento della strategia politica di Forza Italia, beh, allora, c’è poco da sperare per il futuro, sempre migliore, della nostra Forlì.
Nella sua intervista Davide Minutillo si è preoccupato solo del suo orticello elettorale e come far valere, pesare questo consenso alle prossime lezioni: per carità, tutto lecito, ma non mi si contrabbandi tutto questo come una scelta esclusiva, prioritaria per il bene della città.
Da tempo, sono un cittadino deluso, molto critico verso la politica nazionale e locale, pure ferito dalla mala e tardiva gestione del post alluvione; soprattutto, sono un elettore, molto modestamente interprete della rassegnazione elettorale del grande Indro Montanelli: vado a votare turandomi il naso e, magra consolazione, possibilmente scegliendo il meno peggio; non ho altra dignitosa possibilità e l’astensionismo o la nullità del voto rifuggono dalla mia considerazione.
Mi preoccupa tanto il futuro dei giovani forlivesi, non accetto che per loro decida chi innanzitutto provvede al suo orticello; ancora di più mi preoccupa che tutto questo cambiamento da “salto della quaglia” sia funzionale a taluni poteri sotterranei, trasversali da destra a sinistra, anche con loggia panoramica, da tempo capaci di condizionare i partiti e la politica locale.
Franco D’Emilio