Domani saranno 85 anni dalle vergognose, nefaste leggi razziali italiane del 17 novembre 1938, sicuramente un errore grave del Fascismo, così violentemente divisivo della società italiana sul tema dell’antisemitismo, espressione di un’ostilità ideologica e politica di specifica matrice razzista contro gli ebrei italiani.
Già, gli ebrei italiani, fortemente partecipi e patrioti del nostro Risorgimento, animatori del movimento liberale democratico e dell’idea repubblicana, quindi attivi protagonisti nell’amministrazione e nello sviluppo dell’Italia unita: insomma, cittadini italiani di piena dignità e sempre perfettamente integrati.
Eppure, 85 anni fa avvenne la promulgazione di leggi razziali fasciste, contrarie ai valori umani, morali e civili della nostra tradizione di pensiero, laica e cattolica, senza, fra l’altro, alcuna evidente ragione sensata che ne giustificasse l’emanazione.
Per molto tempo è circolata la vile giustificazione che il governo mussoliniano fosse stato costretto ai provvedimenti per la difesa della razza del 1938 per allinearsi e corrispondere alla politica persecutoria razzista e antisemita della Germania nazista, invece la verità storica, obiettivamente documentata e provata, dimostra che quei provvedimenti tradussero una vocazione razzista e antisemita, insita nel movimento fascista sin dalla sua fondazione.
D’altronde, lo stesso quotidiano del regime Il Popolo d’Italia nella sua edizione del 6 agosto 1938 aveva rivendicato esplicitamente con il titolo in prima pagina “Il razzismo italiano data dall’anno 1919 ed è base fondamentale dello Stato fascista”.
E, ancora, non deve sfuggire come Mussolini nel suo intervento al III Congresso Nazionale dei Fasci di Combattimento, tenutosi a Roma dal 7 all’11 novembre 1921 e, fra l’altro, fondativo del Partito Nazionale Fascista, dichiarasse “Intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza: i fascisti devono preoccuparsi della salute della razza con la quale si fa la storia”.
Come, allora, non richiamare alla memoria la protesta immediata del cittadino forlivese Ivo Livi, ebreo di fede fascista ed eroe decorato di guerra, subito insorto contro l’esecrabile avvisaglia razzista del Fascismo con una propria lettera di fine agosto ‘21 al Popolo d’Italia nella quale spicca “Il Popolo d’Italia ha da qualche tempo accenti di disgustoso e cieco antisemitismo che mi meraviglio non abbiano mai suscitato una voce di protesta”.
Il quotidiano fascista non pubblicò mai la lettera dell’eroe forlivese Ivo Livi, invece ripresa e resa nota dal giornale ebraico italiano Israel nella sua edizione dell’8 settembre 1921, all’interno di un articolo titolato Una risposta a Il Popolo d’Italia. E pensare che, allora, gran sostenitore ed egli stesso articolista di Israel era l’abate di San Paolo fuori le mura a Roma, il benedettino Alfredo Ildefonso Schuster, futuro cardinale arcivescovo di Milano, infelicemente etichettato come filofascista dalla sinistra resistenziale, solo perché mediatore in extremis tra Mussolini e il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale).
Dunque, un forlivese, per giunta camicia nera ed ebreo, fu tra i primi a dire no all’indirizzo razzista e antisemita del Fascismo: niente, però, che lo ricordi, nulla che faccia inciampare nel suo nome, solo perché ingiusta vittima della parziale logica che, ancora di più, tutti i fascisti siano erba di uno stesso fascio da dare alle fiamme.
Franco D’Emilio
1 commento
Una notizia sconosciuta ma incisiva e sconcertante. È giusto farla conoscere e divulgarla. Ma quanti eroi nell’ombra!