Usi e tradizioni in Romagna in occasione della ricorrenza di San Martino

Gabriele Zelli

Sabato 11 novembre, alle ore 20,30, a Palazzo Morattini, in via Armelino 33 a Pievequinta di Forlì, si svolgerà un incontro dedicato alla ricorrenza di San Martino dal titolo “Par San Martèn, volta e zira, tot i bèch i va a la fira”; usi, costumi di una volta in Romagna e aneddoti divertenti in occasione dell’11 novembre raccontati da Gabriele Zelli. Intermezzi musicali di Giuseppe Tedaldi, fisarmonicista. Interverrà Serena Savoia, presidente dell’Associazione Culturale e Ricreativa Amici della Pieve, sodalizio organizzatore dell’incontro. Ingresso libero. Al termine vin brulè e castagne per tutti i presenti.

Un tempo quella di San Martino era la notte di chiusura del periodo dell’antico capodanno celtico e in Romagna, dove la matrice etnoculturale celtica è importante, i becchi, cioè i mariti traditi, venivano chiamati fuori di casa a gran voce da gruppi di ragazzi al suono di corni e di strumenti a percussione. Secondo l’immaginazione popolare si recavano “alla fiera”, cioè in un luogo di raduno notturno dal quale, per tornare alle proprie abitazioni, correvano nella notte, braccati, cacciati e si impigliavano dappertutto, durante la fuga, con le “corna”.

Il farsi tradire dalle consorti, per le società patriarcali, di guerrieri e di cacciatori come i Celti, era ritenuto colpa e debolezza grave e i colpevoli, nei giorni di passaggio dell’anno, venivano pubblicamente accusati attraverso dei frastuoni generati dal suono di strumenti musicali e di campanacci, mentre scritte ingiuriose venivano vergate sui muri e sulle porte di casa dei mariti traditi. In questo modo si purificava la comunità cancellando le colpe e i peccati denunciandoli e punendoli.

In tempi più recenti un’altra tradizione legata al giorno di San Martino era quella di far scadere i contatti colonici proprio in coincidenza con l’11 novembre, momento adatto per traslocare perché, dopo la semina, il calendario dei lavori agricoli era ed è meno impegnativo.

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