Beffa alla ex Casa del Fascio di Predappio

ex Casa del Fascio Predappio

Me l’aspettavo, prima o poi le tante nubi opache, sempre più grigie sulla ex Casa del Fascio di Predappio si sarebbero addensate in un temporale, forse il primo di una serie che, considerata l’instabilità climatica, non esclude, magari, la sassaiola di qualche grandinata su una vicenda che sta assumendo contorni miserevolmente grotteschi. Veniamo ai fatti.
Il Comune di Predappio non intende pagare 500.000 euro alla ditta Sapit di Roma, quale anticipo sul primo lotto dei lavori di ristrutturazione dell’ex edificio fascista, magnifico esempio di architettura razionalista, e giustifica questo suo diniego col fatto che la Sapit, da agosto assegnataria delle opere ristrutturative in questione, non ha ottemperato ad aprire il relativo cantiere non solo entro i 45 giorni previsti, ma a tutt’oggi, oltre tre mesi dal termine fissato, nisba, il cantiere non si vede neppure col binocolo, mai aperto e attivo.

Il sindaco Roberto Canali, alfiere di una maggioranza pot-pourri, cerchiobottista di centrodestra, solo incline a tirare a campare, sorride dalle pagine de Il Carlino, ma si intende quanto ora si tratti di un sorriso di circostanza, a denti stretti per la costrizione di una patata bollente tra le mani dopo quasi cinque anni di strategico, efficace silenzio su come andasse la tragicomica vicenda dell’ex Casa del Fascio: ogni tanto qualche raro, vago ragguaglio, sempre con tanto braccino corto.
Tra la ditta Sapit e il Comune di Predappio si è aperto un contenzioso giudiziario, infatti la prima, nelle vesti di creditrice, è ricorsa attraverso il Tribunale di Forlì allo strumento del decreto ingiuntivo di pagamento al debitore ovvero il municipio predappiese.

Due inevitabili considerazioni.
La prima riguarda la Sapit S.r.l. di Roma, azienda da 27 anni attiva nel settore delle costruzioni e sempre sinonimo di esperienza, correttezza, grande affidabilità, dunque se possa comportarsi così maldestramente da pretendere infondatamente un pagamento, fra l’altro anche eludendo il versamento di una fidejussione di garanzia: no, nessuna azienda di valore è così fessa da sputtanarsi senza ragione, per questo la cosa non quadra.

La seconda riguarda il Comune di Predappio, soprattutto il suo sorridente sindaco, ovvero perché, pur in presenza di una segnalazione della direzione dei lavori circa la mancata apertura del cantiere e, ancora di più, in presenza di un’eccessiva protrazione di questa inadempienza il primo cittadino predappiese non si sia sentito nella premura di interrogare, sollecitare la ditta inadempiente. Nessun senso di premura da parte del comune e del sindaco di Predappio? Forse aspettavano che nel silenzio scoppiasse qualche opportuna grana sulla ex Casa del Fascio, magari in prossimità della Festa di S. Lucia, protettrice della vista, giusta ricorrenza per aprire gli occhi e, di botto, cadere dal pero?

Eppure, sarebbe bastato anche solo gettare lo sguardo da Palazzo Varano verso il vicino, monumentale edificio fascista per rendersi conto se il cantiere si avviasse o no.
Perché aspettare, titubare, far finta di niente? Mi chiedo se, invece, nel frattempo, siano stati pagati i tecnici progettisti, attingendo a 1,3 milioni di euro, residui dei 3,5 milioni, disponibili da tempo, dei quali 2,2 per i costi del primo lotto di lavori.

Colpiscono, pure, due dichiarazioni conflittuali, contradditorie del sindaco Canali: prima, dichiara incautamente, perché mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco, che il comune farà ricorso e “siamo certi che il giudice darà ragione a noi”; poi, afferma che “siamo preoccupati per il comportamento inspiegabile della ditta Sapit”.
Davvero inspiegabile? Tutte le ragioni solo al comune? La ditta Sapit così grulla da sacrificare il suo pluriennale prestigio aziendale, attivando un infondato decreto ingiuntivo?

Mi pare tutto una beffa contro il recupero della ex Casa del Fascio di Predappio, opera veramente utile per la sua estensione di spazi di ampia utilità pubblica.
Spero di sbagliarmi, ma l’imprevisto inghippo tra Sapit e comune potrebbe arenare ancora di più nel silenzio la storia di questo restauro e la cosa, anche nella vicinanza di scadenze elettorali, sarebbe molto provvidenziale per chi, in proposito, per una sindacatura ha lesinato ogni informazione, illudendosi che ogni tanto bastasse rassicurare con un sorriso, lo stesso che, adesso, è finito sotto decreto ingiuntivo.

Franco D’Emilio

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