Forlì e l’analfabetismo di ritorno

analfabetismo

Era invitabile, i miei ultimi articoli sul Natale forlivese, sulla “Forlì che brilla” e sull’attuale fuffa preelettorale nella nostra città non sono piaciuti ad alcuni, insomma ho pestato piedi e calli che ora, astiosamente risentiti, cercano, perlopiù per interposta persona, di delegittimarmi con la consueta macchina del fango, anche agitando taluna minaccia.

Si sono passati la voce e ritrovati contro di me sui social, forse ignari quanto io già li tenessi d’occhio prima che si sentissero punti sul vivo: che sia l’ennesima conferma del celebre detto andreottiano “A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”? Senza mai essere stati esplicitamente nominati né oggetto, anche solo indirettamente, di alcun riferimento, costoro si sono fatti avanti, quasi avessero la coda di paglia, quindi si sentissero chiamati in causa e autorizzati a replicare con il bon ton del bue bicorne che dà del cornuto all’asino, in questo caso la mia modesta e somara persona.

Questi miei critici detrattori dicono, scrivono, sentenziano che non so scrivere, che sono scurrile, noioso e importuno nelle mie argomentazioni, ma soprattutto tanto pesante e incomprensibile a leggere sino alla fine dei miei sproloqui. All’istante queste stroncature mi hanno fatto persino dubitare della salute mentale del direttore di questo giornale, forse non accortosi di ospitare una penna cialtrona, e dell’ampio, affettuoso seguito di lettura e consenso da parte dei miei lettori, sicuramente ben diverso dagli striminziti consensi, solitamente cortigiani, attribuiti a questi miei censori: di questo angoscioso dubbio, ora, mi scuso col direttore e con quanti mi leggono con interesse.

Infatti, riflettendo bene, ho inteso amaramente come tali stroncature, in realtà, rivelino nei miei detrattori i segni di un allarmante analfabetismo di ritorno, purtroppo presente pure in tanti laureati e diplomati, con la conseguente incapacità di leggere e comprendere sino alla fine un testo, magari uno dei miei articoli. Tale analfabetismo di ritorno dei miei critici, appena mascherato da qualche spolveratura di facile latinorum, forse recuperato dai bigliettini dei Baci Perugina, è confermato dal fatto come costoro contro di me usino prevalentemente battutine citrulle, infondate e di grande mediocrità, alternate al linguaggio infantile, nel loro caso ritardato, dei cosiddetti emoticon: nulla di più.

Addirittura, sono così poco dotati che si copiano vicendevolmente nello scrivere contro di me: così ho ritrovato che Tizio usa espressioni o concetti di Caio e via dicendo sino al povero Sempronio che, prono e servile, scopiazza a tutta forza. Fra costoro anche “ragazzotti”, ormai un po’ agée, con tanto azzardo politicamente impegnati nella convinzione che la politica sia come il gioco del monopoli o del mercante in fiera o dell’asso piglia tutto. Che Dio salvi Forlì da quest’ultimi! Io resto placido somaro a rosicchiare un cardo, sempre attento a capire il mondo e, se necessario, tirare un calcio a taluni fastidiosi fondoschiena.

Franco D’Emilio

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