“Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso. Forse, alla lunga, in amore, se non è chiedere troppo”. Con queste parole, tratte dai suoi Diari, Esther Hillesum, detta Etty, giovane donna olandese di origini ebraiche (Middelburg, 1914), presto distintasi per la sua preziosa caratura intellettuale, ma tragicamente scomparsa nel campo di sterminio di Auschwitz (novembre, 1943), ha dimostrato di volare oltre il filo spinato della persecuzione nazista, sublimando la sofferenza propria e altrui nella ricerca, nonostante tutto ancora tanto tenace, del valore universalistico dell’amore tra gli uomini.
Nell’orrore della Shoah Etty Hillesum, forte anche dei suoi interessi per la psicoanalisi junghiana, ha reagito con la ricerca del bene, della prossimità dell’essere umano ai valori dello spirito, quindi al divino, insomma ha riscoperto quella radice spirituale, religiosa e culturale che accomuna tutta l’umanità, ma si spezza, talvolta, per il sopravvento del male più oscuro dell’inconscio, collettivo e personale, aizzato da ideologie, nefaste e divisive. Eroina, quindi, sul degrado e il dolore, fisico e morale, perché capace di guardare e volare oltre il filo spinato della persecuzione; inarrendevole sino alla fine all’idea che potesse cancellarsi la sua identità, la sua capacità riflessiva di donna e intellettuale.
Ottantuno anni dalla sua scomparsa, la vicenda umana e il pensiero della dolce, minuta Etty tornano protagonisti a Forlì con la mostra “Il cielo dentro di me”, appunto dedicata a questa giovane ebrea, che da sabato 20 sino al successivo 31 gennaio, articolata in 25 pannelli esplicativi, si svolgerà nel Sacrario dei Caduti della ex Chiesa di S. Antonio Vecchio, organizzata dal Centro Culturale don Francesco Ricci, dal Comune di Forlì e dall’Anmig, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra.
Il percorso espositivo non costituisce certo una novità, perché già proposto al Meeting di Rimini del 2019, tuttavia si rivela tuttora di drammatica attualità nella quasi sempiterna realtà di odio, sopraffazione che muove guerre, escludendo ogni forma di dialogo, confronto, composizione degli animi.
Quindi, la storia e il pensiero di Etty guida della nostra immediata contemporaneità per comprendere la continuità del seme della violenza umana tra la persecuzione nazifascista e il sacrificio di tanti civili inermi, oggi nel mondo vittime di sconsiderate ragion di stato. Ben giunge, allora, “Il cielo dentro di me” a sollecitare in tutti noi tanta benefica introspezione e riflessione, ancora di più considerando come il suo svolgimento temporale finisca per comprendere il Giorno della Memoria, commemorativo alla data del 27 gennaio delle vittime dell’Olocausto. Credo che questa iniziativa culturale sia davvero lodevole perché capace di confrontare tragiche esperienze, passate e presenti, sul tema della pace, del razzismo e di ogni genere di emarginazione. Commoventi taluni passi di Etty, richiamati dai pannelli in mostra, che cercano, parlano di Dio con tanta familiarità e spontaneità.
Franco D’Emilio