È con una certa emozione che ho varcato la soglia di un anonimo condominio anni Trenta, a Roma, non lontano da San Giovanni in Laterano. Appartamenti normali, alcuni ancora abitati. Eppure da quelle stanze, trasformate in celle, passarono 2.000 persone, fra le quali 300 donne, fra l’autunno 1943 e la primavera 1944. Generali, aristocratici, artigiani, operai, intellettuali, ebrei, individui semplici, perfino alcuni soldati alleati finirono interrogati e torturati e poi in parte uccisi dal Servizio di Sicurezza delle SS comandato dal tenente colonnello Herbert Kappler.
Mi ha colpito, nel Museo storico della Liberazione, il panino in cui Ignazio Vian ha inciso l’estremo saluto: “Coraggio, mamma”. E, nella cella asettica e fuori dal tempo, dove non era facile ricordare i giorni e le ore, inciso sul muro, il più nobile dei “perché?”: “Viva l’Italia”. Sono grato a chi ha consegnato alle generazioni a venire questo deposito di storia e di memoria, con dedizione e disinteresse.
Roberto Balzani