Sono trascorsi quasi cinque anni per ritrovarsi miserevolmente punto e daccapo, anzi no ad un punto morto: un lustro tondo tondo perché sul restauro della ex Casa del Fascio l’attuale sindaco di Predappio, Roberto Canali, alla guida dal 2019 della prima maldestra, tante, ormai, le ragioni di tale aggettivazione, giunta di centrodestra, cadesse finalmente dal pero e diventasse consapevole di essersi fatto buggerare alla grande. Come riferisce la cronaca locale, la Sapit di Roma ovvero l’impresa edile, incaricata dei primi lavori, appositamente progettati, di recupero del monumentale edificio fascista, non avrebbe eseguito alcuna opera e, al riguardo, nonostante questa inadempienza, avrebbe persino intrapreso una rivalsa giudiziaria nei confronti dello stesso Comune di Predappio. Sicuramente, un bello smacco per il centrodestra predappiese.
Intanto, proprio su tale contenzioso è addirittura slittata a maggio prossimo quella decisione del Tribunale di Forlì che con tanto incauto ottimismo e buona punta di sicumera il sindaco Canali aveva già annunciato potersi conoscere entro fine dicembre 2023, davvero una previsione infondata, campata in aria e, come tale, mandata presto a gambe all’aria. Un bel tonfo, meglio che il sindaco taccia anziché esternare incauto e sparare a salve, un gran botto e nulla più!
Stupisce che adesso il primo cittadino Canali tiri fuori dal cassetto talune considerazioni poco lusinghiere circa l’attività della Sapit: cose già note, adesso, però, vanamente utilizzate con intento ritorsivo, considerato quanto sia inutile chiudere le stalle quando i buoi sono scappati, ancora di più per far credere che sia stata soltanto tradita la fiducia del sindaco.
Resta, infatti, gravemente inappagata una domanda che tanti predappiesi si pongono su questa assurda vicenda: perché mai nessun controllo sull’andamento dei lavori ad opera della Sapit è stato effettuato da chiunque, direttamente o indirettamente, avesse la facoltà o l’autorità o il titolo per farlo, quindi sindaco e giunta compresi, quindi non esclusa neppure la schiera di architetti, ingegneri, tecnici al capezzale del primo lotto di lavori sulla ex Casa del Fascio predappiese? Niente, nessuna premura di verifica, tanta disattesa attenzione, addirittura neppure la sola umana curiosità di sapere se i lavori procedessero o no.
Una condotta, questa, che non è sfuggita ai predappiesi, sempre tanto partecipi delle vicende del loro amato paese: sono trascorsi, dunque, pure i cinque anni della prima sindacatura di centrodestra perché Predappio fosse, ancora tanto amaramente, presa per il naso sulla pluridecennale e vergognosa vicenda della ex Casa del Fascio.
Il conflitto tra la Sapit di Roma e il Comune di Predappio conferma quanto la storia di questo iniziale restauro, purtroppo solo chiacchiere e nessun fatto, risulti veramente così poco chiara, molto contraddittoria, niente affatto lineare, persino incredibile da suscitare nei cittadini predappiesi la voglia di indagini e accertamenti da parte di chi nell’esclusiva autorità di poterli disporre; cresce nei predappiesi anche la voglia di sapere se, quanto e come siano stati sinora spesi i fondi, relativi al primo stralcio dei lavori.
Su tutta tale vicenda sarebbe davvero degna e opportuna la convocazione di un’assemblea pubblica o, perlomeno, di un consiglio comunale straordinario; non è più questione di destra o sinistra, qui tanti e senza distinzione vogliono solo sapere, conoscere e le domande sono tante, tutte fondatamente legittime.
Franco D’Emilio