Morgagni: «A Forlì serve un nuovo governo della cultura»

Musei San Domenico Art Deco

«Nel tentativo autoreferenziale di nascondere la situazione disastrosa in cui versa il patrimonio storico artistico della città e di magnificare il loro operato, il sindaco Zattini e l’assessore Melandri non si sono fatti scrupolo, in una delle quotidiane conferenze stampa andata in scena alcuni giorni fa, di offendere i loro concittadini, vantandosi di essersi rivolti, durante il loro mandato, a un pubblico di non “intelligenti”. Non solo: hanno dichiarato di aver trovato una città ferma, in cui veniva imposto cosa pensare, il patrimonio non era valorizzato e le associazioni non avevano spazi per esprimersi. Basterebbero queste parole a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, la scarsa conoscenza che entrambi avevano e hanno del tessuto culturale della città, il disprezzo con cui continuano a rivolgersi ai tanti che, dentro e fuori dalle istituzioni, hanno curato e valorizzato il nostro patrimonio storico artistico e, non da ultimo, la superficialità con cui in questi anni si è messo mano alla gestione e alla riorganizzazione degli spazi della cultura. Per l’ennesima volta l’assessore ha messo in scena il suo repertorio fatto di acronimi, di nuovi e fantomatici musei, di strategie per la valorizzazione delle peculiarità locali, tra cui spiccano inesorabilmente l’inesistente “miglio bianco” e il festival di Caterina Sforza, ancora senza una pizza a lei dedicata» è l’attacco di Federico Morgagni consigliere comunale di Forlì e Co.

«Se in questi 5 anni Melandri si fosse documentato, avrebbe scoperto le molteplici mostre e iniziative realizzate in passato per valorizzare il patrimonio artistico, museale e bibliotecario della città e il lavoro competente di molti dipendenti comunali che, con rigore scientifico e spirito di servizio, hanno reso un prezioso servizio alla città. Gli esempi sono molteplici, ma ne citeremo solo due: il progetto Atrium e le molteplici iniziative espositive, musicali e teatrali, realizzate alla Rocca di Ravaldino, fra cui le mostre del 2009, dedicate a Caterina Sforza, esito di un lavoro di ricerca e di aggiornamento sulla sua figura. Quanto ai contenitori culturali, senza la visione lungimirante che la città decise di adottare a metà degli anni Novanta, oggi non esisterebbero realtà esemplari come i Musei San Domenico, che possono ospitare grandi mostre di livello nazionale in ragione degli standard di eccellenza. Musei concepiti come luogo in cui tutti i cittadini possono conoscere il patrimonio della nostra città e non meri contenitori da cui estrapolare opere per operazioni di marketing, come quella che vuole lo smembramento delle Collezioni del Novecento da Palazzo Romagnoli, nonostante autorevoli pareri contrari e le proteste giunte da più parti e sottoscritte da oltre mille cittadini» rimarca Morgagni.

«Melandri ha confermato quello che già sapevamo sul suo modo di concepire la partecipazione culturale: numeri da esibire, biglietti da staccare, brand culturali. Non stupisce che l’assessore abbia evitato di far conoscere i progetti ai cittadini che ne devono sostenere l’enorme onere economico, che non abbia presentato un piano di gestione di questi spazi, che si aggiungono a una realtà già in grave difficoltà. Dopo i 5 anni del centrodestra la maggior parte dei musei è chiusa, la biblioteca opera a scartamento ridotto e con la prospettiva di un peggioramento della situazione dopo il paventato trasferimento a Palazzo Romagnoli, i lavori sul Palazzo del Merenda non sono stati fatti, neppure quelli già finanziati dalla precedente giunta e la collezione Verzocchi pronta a essere messa in deposito negli scatoloni, visto che la conclusione dei lavori su palazzo Albertini viene posticipata di anno in anno. È ora di cambiare: questa Amministrazione deve andare a casa affinché la città abbia un nuovo governo della cultura, che abbia cura del nostro prezioso patrimonio e si impegni a realizzare un sistema di servizi culturali aperti, moderni e al servizio dei cittadini» conclude Federico Morgagni, capogruppo Forlì e co.

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