Nel pomeriggio di ieri alla Camera di Commercio di Forlì si è tenuta la conferenza dal titolo “L’ospedale che non c’è”, organizzata da Daniele La Bruna, candidato al consiglio comunale nella lista “La Civica Forlì Cambia – Zattini sindaco”. Tema dell’incontro, l’importanza della presenza anche a Forlì di un ospedale riabilitativo per gravi cerebrolesioni, sull’esempio del “San Giorgio” di Ferrara, eccellenza di livello internazionale.
“Voglio battermi per questo ospedale, è lo scopo principale della mia candidatura al Consiglio comunale. Ad oggi ce n’è solo uno in tutta l’Emilia-Romagna, a Ferrara, ma ha pochi posti letto, è molto difficile accedervi e richiede una lunga degenza. L’obiettivo è ridare dignità e qualità di vita ai pazienti cerebrolesi, che spesso escono dai reparti di cura senza una specifica riabilitazione. Dobbiamo invece pensare al loro futuro, renderli il più possibile autonomi affinché non debbano dipendere in tutto dai propri familiari”, ha dichiarato da Daniele La Bruna, che ha vissuto questa esperienza con il proprio figlio Carlo, coinvolto in un gravissimo incidente di moto 20 anni fa.
È poi intervenuto il sindaco Gian Luca Zattini, che ha aperto i lavori, riconoscendo l’ambizione del progetto e manifestando il proprio completo appoggio per la sua realizzazione, quale modo per radicare ulteriormente sul territorio la Facoltà di Medicina, che potrebbe ampliare l’offerta ad indirizzi specialistici in Riabilitazione e Logopedia, oltre a mantenere alta l’attenzione sull’importanza di disporre di una sanità di eccellenza al servizio dei cittadini. Presenti all’incontro due importanti membri dell’ospedale “San Giorgio” di Ferrara, i dottori Paolo Boldrini e Maria Rita Magnarella, nonché Germano Pestelli, già primario di Medicina Riabilitativa al “Morgagni-Pierantoni”.
Essi hanno portato la loro esperienza di molti anni di lavoro con pazienti di ogni età gravemente segnati da incidenti, infarti, ictus, mostrando l’importanza di un supporto specifico sia medico sia psicologico, con il fondamentale coinvolgimento dei familiari, finalizzato in ultimo alla riacquisizione della massima autonomia possibile dei pazienti e alla comprensione che, pur con mutate condizioni di vita, ciascuno ha la possibilità e il diritto di ridare dignità alla propria vita e di avere un proprio ruolo nella società.