La strage di Capaci nel ricordo di un carabiniere forlivese

strage di Capaci

Domani saranno tristemente 32 anni dalla terribile strage di Capaci del 23 maggio 1992 ad opera della criminalità, organizzata nella lurida e maledetta mafia: strage nella quale perirono Giovanni Falcone e la consorte Francesca Morvillo, entrambi magistrati di indiscutibile valore, tre agenti della scorta e rimasero ferite ben 23 persone, tra forze dell’ordine e civili. Un colpo terribile all’onestà, alla coscienza civile, alla stessa democrazia degli italiani che, però, ancora una volta non furono piegati da tanta efferatezza e si strinsero attorno alle istituzioni, quindi agli investigatori perché si accertassero le responsabilità di quel plurimo delitto, assicurando i colpevoli alla giustizia.

Domani, non mancheranno le giuste celebrazioni del drammatico anniversario di Capaci, il nostro pensiero rinnoverà il sentimento di onore e riconoscenza alle vittime, un nodo alla gola tratterrà a stento l’ammirazione verso Giovanni Falcone, una vita da magistrato in lotta contro la mafia, per questo davvero esemplare servitore dello Stato sino all’estremo sacrificio. Domani, però, sarà un giorno amaro e triste anche per chi questa dolorosa ricorrenza, ormai, la vive da anni nell’ombra della sua piccola, ma spiritualmente forte dimensione personale di uomo delle istituzioni e di cittadino. Al riguardo, l’immagine che illustra l’articolo può, a ragione, definirsi un prezioso documento, sia storico che di valenza personale, costituito da un fotogramma, tratto da un video di rilievo, girato dal Corpo dei Vigli del Fuoco, appena sopraggiunti sul luogo della strage di Capaci.

L’uomo, ritratto entro un’irregolare linea circolare e testimone di quel drammatico evento, da tempo è nostro concittadino, risiedendo a Forlì, pure quando il servizio lo ha chiamato altrove ed egli, fedele al suo dovere, si è confermato “uso obbedire tacendo”, come nella tradizione dell’Arma dei Carabinieri, nostra amata Benemerita: si tratta, infatti, del carabiniere Luigi Principe, al tempo di Capaci attivo in Sicilia come sottufficiale nel grado di brigadiere; poi, una lunga carriera da maresciallo; infine transitato nel ruolo degli ufficiali e oggi nel grado di tenente, a conferma del riconoscimento della sua preparazione, dei suoi meriti e dell’esperienza maturata. Domani, per Luigi sarà una giornata di memoria commossa e sofferta, tutto in un duplice, rinnovato dolore.

Sì, duplice: da una parte, il dolore del carabiniere per la caduta di cittadini al servizio delle istituzioni; dall’altra, il dolore personale dell’uomo per la perdita, allora, di uomini della Polizia di Stato ai quali, fuori dalla divisa, lo avevano unito sentimenti di amicizia e stima. Non è facile dimenticare, ma neppure Luigi Principe ha mai pensato di dimenticare, fermamente convinto che dalla memoria viva di quegli amici e colleghi caduti nell’attentato di Capaci dovesse trarre la consapevolezza sempre più determinata del suo dovere. Domani, il tenente Principe rivivrà indelebili gli attimi, immediatamente successivi al suo arrivo sul luogo della strage: alle sue spalle, come nella foto, una delle tre auto del corteo, ormai groviglio di ferraglia, scagliata dall’esplosione a quasi cento metri dall’autostrada A29 percorsa; nell’aria il persistente odore acre dell’esplosivo; sotto la suola delle scarpe la percezione di un insolito calore del terreno.

Eppoi, la concitazione, l’incredulità, anche lo smarrimento dinanzi a tanta barbarie, ma pure l’immediata voglia di darsi da fare, ciascuno per la propria parte, Luigi compreso, per rendere giustizia ai caduti. Stamani, imprevedibilmente, sono stato fermato dalla pattuglia di due carabinieri, il solito controllo di patente e documenti: poi, alla ripartenza e al mio cenno di saluto, al carabiniere più giovane, armato e con giubbotto antiproiettile, in fondo poteva essere mio nipote, è inavvertitamente scappato un ciao del quale si è subito precipitato a chiedere scusa, arrossendo per la gaffe; ho sorriso, replicando con un giusto, formale, ma, non lo nascondo, anche affettuoso “buon lavoro a lei”. La cosa mi ha quasi rasserenato, come se quel giovane carabiniere confermasse la continuità nel tempo dei buoni servitori dello Stato: dai magistrati e poliziotti, caduti a Capaci, agli uomini in divisa, come Luigi Principe, di lungo servizio e testimoni di tanta storia e dolore, per giungere, infine, alle nuove leve, forse impacciate, ma sicuramente consapevoli del dovere scelto. Nella ricorrenza della strage di Capaci veramente un buon segno.

Franco D’Emilio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *