Giorni fa, sempre su questa testata, ho scritto L’inquieto viale del tramonto di Lauro Biondi, articolo nel quale evidenziavo l’ostinazione del noto esponente politico forlivese a non farsi da parte dopo decenni di attività nella vita pubblica cittadina in nome di Forza Italia, ma addirittura, vistosi emarginato ed escluso dalla lista elettorale del suo amato partito, decideva risoluto di candidarsi, quale indipendente, nelle fila della Lega. Certo, lo ammetto, sopra ci avevo ricamato un po’, anche maliziosamente, ma non in modo offensivo, sicuramente in modo esplicito non gliel’avevo mandata a dire.
Tutto questo come spesso sono solito fare con taluni vip della politica forlivese che, magari, a vanvera si illudono cime del pensiero amministrativo cittadino, per questo non ammettono critiche, pure giornalistiche, e subito telefonano frignando al mio direttore perché mi censuri e tolga il mio articolo indisponente: insomma, i soliti patetici fregnoni, timorosi che si capisca come siano più nella dignità del “pataca” che del buon politico. Lauro Biondi no, nella circostanza dell’articolo mi ha cercato, dritto al punto di chiedermi un incontro per chiarire le ragioni della sua scelta di candidato sotto la Lega, dunque da parte sua nessuna censura, soltanto l’educata richiesta di un confronto schietto, ciascuno nelle palle degli occhi altrui.
Un vero signore, quindi, e così ci siamo ritrovati un pomeriggio di giorni addietro per un caffè in piazza Saffi. Gli ho lasciato lente le briglie, Lauro Biondi mi perdoni questo richiamo equino, perché libero e veloce mi esponesse le sue ragioni e, devo dirlo, sono stato travolto dalla sua dilagante passione politica, dal suo incontenibile rammarico che ancora restino incompiuti progetti importanti per l’urbanistica, il commercio, la buona vita della sua Forlì; ha rallentato soltanto nell’illustrazione di un’idea, sua e altri, circa un innovativo modello culturale del territorio. Ogni tanto, tra le mani una sigaretta, indeciso se fumarla o tormentarla tra le dita, il cellulare in ripetute chiamate, infine i tanti saluti di chi passava e non mancava di dichiarargli la propria vicinanza.
Solo in un momento mi è parso di cogliere una sua incrinatura espressiva del volto e della voce, quando con le mani mi ha steso davanti agli occhi i novantuno nomi di amici, sottoscrittori di una lettera ai vertici di Forza Italia perché nuovamente lo ricandidassero alle prossime comunali; in quel momento mi è parso un po’ assorto, serio, improvvisamente fuori dalla sua spiccata bonarietà di romagnolo sanguigno. Lo confesso, mi ha intenerito, capivo quanto per lui non fosse stato facile sentirsi dare il benservito, ancora di più farsi sbattere in faccia la porta della casa politica alla quale, pure da solo, è rimasto fedele per lunghissimo tempo. Comunque, un signore il nostro Lauro Biondi, da lui nessun giudizio, neppure una parola di critica malevola o di rancore verso l’attuale establishment forlivese di Forza Italia, ormai nelle mani di un personale asso pigliatutto.
Una cosa è certa, Lauro non getta la spugna, di nuovo a muso duro nell’agone elettorale per farcela e rinnovare nel Consiglio Comunale di Forlì il suo contributo di amministratore, cittadino e testardo romagnolo: un colpo di reni e la sua vita riprende più che mai nella giovinezza dei settant’anni.
Franco D’Emilio