Nel ricordo di Nicolò Ulivi

Nel ricordo di Nicolò Ulivi

Due comuni amici me lo presentarono tempo fa: simpatico, carico del suo entusiasmo giovanile, lo sguardo attento di chi ascolta, capisce e risponde al volo; una breve chiacchierata, sufficiente all’intesa reciproca di che pasta fossimo fatti, quindi a non escludere che io potessi scrivere per una sua mostra fotografica. Ieri sera, a Roma mi ha raggiunto la ferale notizia che il ventisettenne Nicolò Ulivi ci ha lasciati, vittima alla periferia di Forlì di un incidente a bordo della sua moto, dopo averne perso il controllo, finendo contro due ostacoli; la moto quasi in tre pezzi, vano ogni soccorso al giovane motociclista.

Forse, i rilievi tecnici potranno chiarire le cause, la dinamica, la responsabilità del tragico incidente, intanto, anche sul filo di una commozione collettiva, sono spontanei il cordoglio, la vicinanza ai genitori e a tutta la famiglia. Eppoi? Purtroppo, queste luttuose circostanze non hanno mai un dopo, appena trascorsa l’immediatezza dell’avvenimento: da una parte, i genitori e la famiglia delle vittime restano confinati nel loro immenso dolore, mai consolabile neppure nella lunga clessidra del tempo; tutti gli altri, diversamente partecipi della tragedia, invece tendono quasi in automatico a diluire e poi a rimuovere la memoria del drammatico avvenimento. Mi preoccupano quest’ultimi, fra i quali io stesso mi includo.

Tutti, ormai, siamo quasi avvezzi, perdonatemi il termine, a questo interminabile rosario, soprattutto nei fine settimana, di giovani che, in auto o in moto, volano via per la velocità o per un banale imprevisto, tecnico oppure umano, o, ancora, per un inevitabile scontro. Eppure, non siamo capaci o, forse, non vogliamo farlo, di vedere oltre le colpe, le circostanze di queste morti. Spesso, penso come le giovani vittime della strada, improvvisamente strappate al loro mondo, alle proprie famiglie, ai loro amori, cadano per l’intensità di una passione, magari l’auto sportiva, la moto potente, il più delle volte surrogato di una gran voglia di vivere, pure di trasgredire o soddisfare così un desiderio, ancora inappagato, di libertà, di piena autonomia.

Più che legittimo che i giovani vivano passioni, inquietudini, sfide collettive e personali verso la società, dobbiamo, però, dialogare con loro sul tema della cautela, della misura delle passioni e dell’eccessiva illusione che al volante di un bolide o in sella ad una moto sia sempre tutto sicuro, anche “guidare a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire”, come nelle Emozioni di Lucio Battisti. Morire giovani per una passione è perdita sempre grave per la comunità dei cittadini perché se ne va un mondo, anzi un patrimonio di sogni e progetti, ansie, emozioni e caparbietà, soprattutto tanta voglia di correre in tutto, dall’amore al lavoro, al sapore pieno della vita, proprio tutto quello che serve alla continuità della società.

Qualcuno replicherà che tutto avviene per volere del caso, della circostanza, ma io mi rifiuto di pensare che, seppur in un tragico evento, la vita dei giovani sia nelle mani del caso patrigno o di una malevola circostanza: i giovani sono sempre protagonisti delle loro scelte e condotte di vita, ma la società ad essi circostante deve essere più attivamente partecipe delle loro passioni per ridurne la delusione, il rischio, il pericolo. Queste righe dedicate al sorriso simpatico, intelligente di Nicolò Ulivi.

Franco D’Emilio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *