Sì, attorno alla trattativa per la formazione della nuova giunta forlivese sotto la guida del rieletto sindaco di centrodestra, Gian Luca Zattini, c’è gran puzza di bruciato per la sensazione, il timore che, sotto sotto, gatta ci covi ovvero la trattativa non vada come ci viene presentata, ma in realtà nasconda un inganno, perlomeno un’intenzione sotterranea, comunque poco lodevole. Veniamo al sodo, mentre, proprio oggi, le forze della maggioranza tornano a riunirsi per trovare il tanto sospirato accordo, componendo finalmente pretese, veti, ambizioni personali e antagonismi dei diversi partiti.
Sempre stamani apprendiamo che sei assessorati su nove sarebbero definiti, ma credo sia più rispondente al vero che siano cinque quelli di certa attribuzione poiché il nome di Kevin Bravi è sicuramente sospeso su una terra di nessuno, dove all’improvviso, zac, spunta un incursore e ti soffia tutto sotto il naso. D’altronde, si scrive di Bravi probabile assessore al centro storico “salvo sorprese”, quindi calma e gesso perché c’è davvero puzza di bruciato per l’insistente soffio sul fuoco della trattativa di due nomi antagonisti, quelli di Marco Viroli e di Marco Di Maio, entrambi non eletti, uno dei quali potrebbe far sloggiare il malcapitato Bravi, nonostante le sue 325 preferenze.
Dunque, sulla trattativa incombono Viroli, noto operatore culturale, stretto collaboratore di Paola Casara, e Di Maio, ex parlamentare, abile manovratore, sempre in disparte, della politica locale, forte della sua esperienza conciliatrice tra interessi e finalità, già dimostrata anche nella sua storia personale di politico vagante. Due nomi che confermano il peso dell’area moderata, ampiamente attiva sia nella lista zattiniana La Civica, sia in Forza Italia, sia nella componente di minor timbro meloniano, destra piena e pura, presente in Fratelli d’Italia; anzi, riguardo proprio a FdI non deve sfuggire come taluni suoi probabili assessori, Bongiorno, Bartolini, Bassi, abbiano innanzitutto il curriculum di perfetti “cambiocasacchisti”, come si dice negli ambienti politici romani, ossia di chi scende da un treno per prenderne un altro o anche qualcun altro ancora, per la sicurezza di raggiungere più agevolmente la meta, solo ed esclusivamente la propria.
Sono certo che potrebbero restare con un palmo di naso, senza assessorato importanti cacciatori di preferenze, come Kevin Bravi (325), Marco Catalano (454) e qualcun altro, un po’ come essere sicuri sino all’ultimo di entrare già papa in conclave e poi uscire, di nuovo solo cardinale. Si conferma pure la volontà, dopo Angelica Sansavini al Welfare, di rafforzare la presenza di assessori esterni, non eletti, comunque in linea con quel moderatismo alla Bongiorno e alla Bartolini, impregnato di spiccata democristianeria, ma nel tempo ondeggiante, al pari di quello di altri, tra cespugli postdemocristiani, Forza Italia, Fratelli d’Italia e, infine, La Civica di Zattini.
Tira una grande aria di inciucio politico con finalità di solo conservatorismo, però più esteso, del potere locale. Dobbiamo prestare molta attenzione alla composizione finale della nuova giunta forlivese, che oggi potrebbe definirsi: sicuramente, potrà dirci se e quanto ci sia da mettere le mani avanti, prepararsi a cosa lentamente cova nella previsione del 2029, anno delle prossime elezioni comunali a Forlì: Paola Casara, candidata sindaca di Forlì per una coalizione di PD, La Civica e Forza Italia sul filo di un comune denominatore politico moderato, seppur di diversa impronta in ciascuna delle tre forze. Fantapolitica? Annusiamo bene l’aria di inciucio che tira oggi a Forlì.
Franco D’Emilio