Sui social, e direttamente sul mio cellulare, leggo post o messaggi di trombati forlivesi alle ultime amministrative che, più o meno, scrivono “non mi vedrai in Consiglio comunale, ma continuerò a battermi a fianco del partito con il mio contributo di idee e proposte”. Poveretti, capisco questo dignitoso colpo di reni dal fangoso flop elettorale di pochi, risicati votucci, però, tranquilli, la loro condizione non ci angustia né ci toglie il sonno, tanto siamo persuasi che la sconfitta di costoro sia dovuta alla loro scarsa credibilità politica, alle loro palesi, ma infondate ambizioni da parvenu dei giochi politici locali, infine, spesso, al frequente, sconfortante contrasto tra il look di rampante politico emergente e la pochezza di pensiero proferita dalla loro stessa bocca.
Nessun problema, quindi, del loro tonfo elettorale, subito ce ne siamo fatta una ragione e data pace, forse, sotto sotto, lieti, non lo nascondo, di esserci liberati di un noioso fastidio: si sa, Dio non ha creato nulla di inutile, ma con le zanzare e certi politicanti ambiziosetti c’è andato vicino. Eppure, anche se miseramente trombati dall’avversa matita elettorale, insistono a rompere i marroni, rassicurandoci circa la continuità del loro impegno, a loro parere tanto salvifico di noi elettori, soprattutto quelli che li hanno mandati cordialmente a farsi fottere. Quasi una sindrome di Stoccolma: la vittima trombata che, assurdamente irriducibile, insiste con gli stessi aguzzini, altrettanto determinati, pure dopo il voto, a sbatter loro ancora la porta in faccia.
Si diano pace i trombati, ripongano nell’album dei ricordi i tanti selfie con i capoccia di partito e tutte le loro foto, radiosamente sorridenti dopo l’apposita pulizia, prenotata per tempo dal dentista di fiducia, chissà mai se loro elettore; si concedano un’ultima lacrimuccia sul santino elettorale con una propria immagine sopra le righe di poche banali cazzate perché, si sa, anche in campagna elettorale, contano le figure, nessun legge le solite favole. Qualcuno, addirittura, mi ha ironicamente ringraziato del sostegno elettorale che non gli ho prestato, quasi fossi obbligato con la mia intelligenza alla complicità con la sua persona di candidato sfigato.
In fondo, però, non preoccupiamoci più di tanto, anche per gli irriducibili trombati domani è un altro giorno e, se il loro dente ancora duole dove batte la lingua stizzita della sconfitta, beh devono, allora, sperare che il dentista sia bravo, clemente, soprattutto dimentico di avere sotto i ferri la bocca di tante parole a sproposito che non ha votato. Sorridiamoci sopra.
Franco D’Emilio