Consigliere Rinaldini, in una recente intervista il sindaco di Forlì Gian Luca Zattini ha riconosciuto come non felice l’esordio della sua seconda giunta, ecco lei come analizza e interpreta la difficoltà di comporre e avviare fattivamente il nuovo governo cittadino.
«Subito, già nelle prime due sedute del nuovo Consiglio comunale, molti cittadini hanno potuto, direttamente o via streaming, prendere atto delle divisioni interne alla maggioranza, sia tra i gruppi che la compongono sia, persino, entro qualche gruppo in modo particolare. In quei frangenti abbiamo anche registrato la difficoltà, l’impotenza del sindaco Zattini, al quale rinnovo l’augurio di una serena guarigione, a ricomporre i dissapori, le tensioni, createsi nella sua coalizione a seguito di accordi sull’attribuzione dei vari incarichi di governo della città, stipulati prima dell’esito elettorale, ma, poi, nient’affatto rispettati: al riguardo, significative sono state le dichiarazioni del consigliere Daniele Mezzacapo».
Pur essendo prematuro esprimere giudizi sull’operato di questa giunta, soprattutto dei suoi singoli assessori, lei ravvisa in tutti i componenti del governo cittadino quelle esperienze, competenze, capacità politiche che tutti auspichiamo per la rinascita forlivese? Qualche riserva?
«È presto per esprimere un giudizio sull’operato complessivo della Giunta e dei singoli assessori, di quest’ultimi sono davvero troppo poche le iniziative che li hanno visti protagonisti nell’ambito delle deleghe, loro assegnate. Francamente, però, ho rilevato con stupore taluni sconfinamenti dalle materie delegate: così, l’assessore Cicognani, al posto dell’assessore alla cultura, ha risposto ad un question time della minoranza circa un’opera d’arte, andata distrutta alla Scuola “P. Maroncelli”, da anni luogo di sua conservazione; l’assessore Bongiorno ha sostituito la collega, coinvolta e imbarazzatamente muta sul problema, nel rispondere ad una interrogazione sulla vicinanza della stessa assessora al mondo novax, prossimità, questa, pure espressa via social; infine, l’assessore Petetta, anziché occuparsi dei disastri post alluvionali nei parchi cittadini, come impone la sua delega, è intervenuto sulla sicurezza in corso Mazzini, surrogando il competente assessore Bartolini».
Adesso, dopo la sua sconfitta alle comunali, quale candidato sindaco del centrosinistra, per uno scarto di 2.400 voti e non dimentichi che solo 348 voti in più nel paniere di Zattini hanno evitato il ballottaggio, lei guida l’opposizione nel consiglio comunale di Forlì: con quale strategia? Ancora, come intende autonomamente incalzare in modo propositivo la giunta e il sindaco? Insomma, opposizione ferma e decisa o conciliante e disposta al compromesso?
«Faremo un’opposizione ferma e decisa, di controllo e verifica di quanto deliberato e realizzato. Soprattutto, contribuiremo ad avanzare proposte nell’interesse effettivo dei cittadini, per questo speriamo che la maggioranza abbia un atteggiamento diverso, più avveduto rispetto a quello, ad esempio, manifestato nell’ultimo Consiglio comunale nei confronti di un ordine del giorno, proposto dall’opposizione, da inviarsi al governo per sollecitare rimborsi dei beni mobili fino a concorrenza della spese sostenute per il riacquisto degli stessi beni, perduti nel disastro alluvionale, quindi ritenendo insufficiente il rimborso proposto sino ad un massimo di 6.000 euro. Dopo una sospensione dei lavori di quel Consiglio Fabrizio Ragni, capogruppo di Fratelli d’Italia, molto probabilmente interpellando i suoi vertici di partito, nazionali e regionali, vista la sua scarsa autonomia decisionale, si è assunto la responsabilità di proporre il rinvio di una decisione sull’ordine del giorno proposto, persino ignorando una parziale disponibilità alla discussione, in proposito, manifestata da alcune forze della maggioranza».
Dovendo nei prossimi 5 anni svolgere il ruolo critico, antagonista, ma anche propositivo di opposizione, come pensa di programmare, calendarizzare nel tempo e secondo una scala di priorità gli interventi del suo gruppo, utili al tessuto economico, sociale e culturale di Forlì? Come, ancora, intende proseguire l’impegno sul post alluvione?
«La nostra priorità sarà quella di contrastare il dispendio delle risorse economiche in attività non strettamente necessarie, dunque favorire quelle davvero utili, realizzabili in termini di attenta economicità. Il nostro principale obiettivo sarà corrispondere agli attuali, concreti bisogni dei forlivesi: in primo luogo, la tutela del territorio dal cambiamento climatico e dalle sue intemperanze che, fra l’altro, hanno pure dimostrato quanto sia obsoleto il sistema fognario cittadino, del quale già il sindaco Rusticali aveva approntato un piano di opportuno adeguamento; poi, crescente cura del verde pubblico e piantumazione arborea per favorire la diminuzione delle temperature, l’assorbimento della CO2 e un maggiore assorbimento delle acque piovane. Ancora, insisteremo perché le 170 case sfitte dell’ACER siano, finalmente, rese disponibili per alleggerire il grave problema del disagio abitativo che, oggi, costringe lavoratori di aziende forlivesi persino a cambiare città di residenza e lavoro perché nell’impossibilità di trovare a Forlì un’adeguata abitazione, dignitosa e proporzionata alla loro disponibilità economica».
Ordine pubblico e sicurezza, spopolamento del centro storico e inclusione in esso di numerosa immigrazione sono temi fortemente interconnessi che aggravano le già difficili problematiche di disagio e devianza di un crescente numero di forlivesi doc: cosa suggerisce o, meglio ancora, propone su questo tema, divenuto così impellente e critico? Lei avrebbe dato evidenza e risalto al controllo amministrativo ordinario circa le condizioni igieniche di quel ristoratore etnico a Forlì, atto forse scintilla dei volantini razzisti su talune vetrine di negozi forlivesi?
«Spopolamento del centro storico, sul quale ben poco ha fatto la prima amministrazione Zattini; la scarsa igiene e pulizia della città; ancora il miglioramento del servizio porta a porta dei rifiuti, in particolare per evitare bidoni e bidoncini sparsi per le strade; l’agevolazione con meno burocrazia di nuove iniziative commerciali e artigianali che siano di presidio cittadino: ecco, questi sono alcuni obiettivi immediati che tutta l’opposizione perseguirà per rendere il centro cittadino forlivese più sicuro e vivibile. Consapevoli come le società moderne più avanzate siano quelle con maggiore pluralità sociale, siamo e saremo sempre a favore che a Forlì si realizzi una costante politica di integrazione tra cittadini di diverse etnie e culture, ricorrendo al confronto culturale, al dibattito su usi e tradizioni, al continuo sviluppo di comuni percorsi di formazione sociale e professionale: questa l’unica via perché Forlì sia una comunità davvero inclusiva con meno ansie e paure. Al riguardo, prendendo spunto dalla recente cronaca cittadina, credo che la sospensione o chiusura di un’attività commerciale, magari di ristorazione, non perfettamente rispettosa della legge sanitaria, avvenuta rimarcandone la tipologia “etnica”, danneggi, forzatamente e pretestuosamente, il concetto di integrazione, favorendo quello dell’esclusione, tanto carico per tutti di negatività umana e sociale».
Una domanda lapidaria, quale la sua visione di un impegno dell’amministrazione comunale su industria manifatturiera, impresa e formazione, avviamento al lavoro dei giovani?
«A Forlì sono presenti ed operano eccellenti imprese che però necessitano che la città sia più integrata con la Romagna, con il sistema produttivo nazionale e internazionale: diversi ambiti istituzionali riconoscono questo isolamento, questo diverso passo di funzionalità del nostro sistema. Forlì chiede più trasparenza, meno burocrazia, rinnovato spirito partecipativo e democratico, tre esigenze che possono soddisfarsi con significativi investimenti nella digitalizzazione, obiettivo, quest’ultimo, invece, poco perseguito dall’Amministrazione Zattini, appunto misero fanalino di coda in regione su questa problematica. Le aziende forlivesi hanno bisogno di manodopera, compresa quella d’immigrazione, per questo reclamano un piano di formazione per lavoratori stranieri che sia culturale, professionale e di sicurezza sul lavoro; le nostre piccole e medie imprese chiedono che l’Amministrazione comunale assecondi, agevoli la loro necessità di integrazione delle proprie filiere produttive per diminuire i costi di realizzazione, di trasporto e commercializzazione. Abbiamo, ancora, bisogno di investitori che collochino sul nostro territorio aziende di alto profilo tecnologico, vero e opportuno campo applicativo dei saperi dei nostri giovani laureati».
Il suo piano del commercio tra grande e minore distribuzione? Continuare a creare nuovi centri commerciali che condizionano anche il popolamento abitativo della nostra città, quindi l’abbandono del sempre più desolato e desolante centro cittadino?
«A Forlì i centri commerciali sono già troppi e con una presenza di evidente concentrazione tra via Bertini e l’autostrada: è questa una realtà che già crea problemi, pure di natura occupazionale, ai supermercati di più vecchia apertura. Inoltre, i grandi poli della distribuzione desertificano lo spazio possibile per il commercio cittadino minore del centro e della periferia, così, ad esempio, a Vecchiazzano, proprio durante la recente campagna elettorale amministrativa, abbiamo registrato come la prossima collocazione di un nuovo supermercato preoccupi seriamente la stabile continuità delle attività di vendita presenti, da sempre presidio di aggregazione e socialità».
Quale politica auspica per la cultura e i servizi culturali della nostra città? Ancora egemonia di grandi mostre, eventi festivalieri di teatro, musica e concerti in piazza o garanzia di un recupero cittadino, parallelo e crescente dei servizi museali, archivistici e biblioteconomici? E il cosiddetto “Miglio Bianco”, così astruso e infondato, come bene sostengono architetti e docenti universitari, lei lo ritiene davvero degno del riconoscimento da parte dell’Unesco?
«Le grandi mostre sono sicuramente un valore importante per Forlì, ma auspico che in futuro tale attività coinvolga maggiormente le associazioni e le imprese culturali cittadine, oltre a non occupare ogni spazio disponibile, penso, ad esempio, al San Giacomo, sino ad anni fa positivamente utilizzato per una varietà di diverse finalità culturali. Forlì è città di forte tradizione associativa per promuovere iniziative artistiche e letterarie, musicali e teatrali, quindi col tempo ha visto la nascita di vere e proprie imprese culturali, i cui volontari e professionisti costituiscono un patrimonio preziosissimo, meritevole d’essere sostenuto con finanziamenti pubblici della comunità forlivese: durante la stagione dell’intrattenimento estivo questo stesso patrimonio deve e può utilizzarsi in modo significativo sia per contenere i costi sia per coinvolgere maggiormente giovani protagonisti forlivesi. Poi, altre problematiche suscitano preoccupazione in tutta l’opposizione: innanzitutto, il mancato inizio, da quanto mi risulta a tutt’oggi, ma spero di sbagliare, dei lavori di ristrutturazione di Palazzo Merenda, finanziati con fondi Pnrr, cosa questa, se rispondente alla realtà, davvero problematica poiché gli interventi, realizzati a mezzo Pnrr, sono comunque da terminare e rendicontare entro due anni; poi, dell’importante Collezione Verzocchi, non più visibile perché imballata per il suo trasferimento da Palazzo Romagnoli, destinazione Palazzo Albertini, non si sa praticamente più nulla, soprattutto della sua collocazione nello stesso Palazzo Albertini, il cui restauro si sta trascinando nel tempo, pure con qualche perplessità circa la trasparenza e l’impiego dei soldi pubblici; infine, sul cosiddetto Miglio Bianco condivido appieno l’interrogativo della sua domanda e il giudizio avverso di diversi architetti e docenti».
Lei, consigliere Rinaldini, è uomo di sinistra, oggi nel PD, che, però, ha conosciuto e vissuto l’esperienza comunista, quindi è erede di una forte tradizione antifascista: teme ancora il fascismo o, magari, lo ravvisa nella condotta del governo Meloni? Che sensazione le dà la destra al governo della nazione e di Forlì?
«Sono stato comunista, anzi un cattocomunista, cosa di cui mi sento orgoglioso, e come comunista italiano ho lottato con altri contro il comunismo sovietico e la sua violazione della libertà: un recente, efficace articolo di Pierantonio Zavatti ha bene descritto questa posizione critica, con particolare riferimento a Carta77, importante iniziativa di dissenso nella Cecoslovacchia, un tempo oppressa da un regime autoritario, prono all’URSS. I comunisti italiani hanno, invece, contribuito a liberare il nostro Paese dal nazifascismo, avviandolo sulla strada della ritrovata libertà e di una estesa democrazia, che, nel caso dell’Emilia Romagna, si sono concretizzate in una crescita costante di sviluppo e benessere, facendo di questa regione uno dei territori più ricchi e prosperi in Europa: in tutto questo i comunisti italiani sono stati artefici di lotta e resistenza assieme ai socialisti, ai repubblicani, ai democristiani, pagando con loro un pesante tributo di sofferenza e morte, degno di perenne memoria storica. Attualmente, in Italia non si corre un risorgente pericolo fascista, ma nel governo Meloni è insito il pericolo di un sovranismo, amico di nazioni, come l’Ungheria, fortemente inclini a pulsioni e finalità autoritarie. Per questo è necessario ostacolare la voglia di premierato che contrasta l’equilibrio dei poteri istituzionali, in particolar modo quelli del Presidente della Repubblica; per questo è altrettanto necessario contrastare la nefasta “autonomia differenziata”, tanto divisiva dell’unità nazionale su materie fondamentali, quali la sanità, l’istruzione e le politiche d’investimento. Il governo Meloni spaccia una visione edulcorata della realtà italiana, fra l’altro insistendo su aspetti, come la crescita dell’occupazione e delle esportazioni, solitamente non pienamente ascrivibili al merito di qualunque esecutivo: intanto, non si preoccupa della cassa integrazione, cresciuta del 28% nel 2023, annaspa sulle numerose crisi di aziende industriali, tuttora irrisolte dai ministri del lavoro e dello sviluppo economico. Il governo Meloni sostiene solo a chiacchiere le famiglie, come, appunto dimostra, la mancanza di ogni suo efficace intervento sul potere d’acquisto familiare, spesso ridotto a limiti di sopravvivenza».
A livello locale ancora campo largo o campo stretto oppure un nuovo campo, prossimo e aperto a forze più moderate del centrodestra, come Forza Italia, ora sostenitrice dello ius scholae, certo non nei dispiaceri della sinistra? Indubbiamente, il risultato elettorale ha dimostrato come lei non abbia saputo convincere il polo moderato, intercettandone il favore e il voto: pensa che l’opposizione sotto la sua guida in Consiglio comunale a Forlì possa tuttora dialogare con questa area del centro politico locale?
«Ritengo che il vero problema sia il numero crescente degli elettori che non vanno a votare perché disaffezionati al voto da un’offerta politica non più rispondente alle loro attese: a Forlì, a giugno 2024, hanno votato circa 6.000 cittadini in meno rispetto al 2019 e questo, probabilmente, anche in conseguenza della scarsa chiarezza politica dei partiti negli ultimi 20 anni, carenza ampiamente segnata in negativo dal trasformismo, dai cosiddetti “cambi di casacca”, fenomeno del quale anche la giunta Zattini è, purtroppo, un esempio eclatante.
Non condivido, invece, affatto il suo giudizio sul voto moderato: la nostra coalizione, rappresentata anche da Rinnoviamo Forlì, ha ottenuto circa 6.000 voti in più rispetto al 2019 e questo significa solo che il voto moderato ha ampiamente scelto e riconosciuto la coalizione del centrosinistra, quale area affidabile di discussione e formulazione di realistici programmi politici: le alleanze non si fanno fumosamente a tavolini preelettorali e solo nella logica della futura spartizione del potere, ma si realizzano davvero soltanto su proposte credibili che sappiano interpretare e risolvere le necessità dei cittadini, pure con la scelta di assessori di provato curriculum e di certe competenze».
Franco D’Emilio