Si poteva amarlo o odiarlo, il mio vecchio amico Alberto De Bernardi, per i suoi tratti spesso eccessivi e debordanti, per la polemica facile, per l’allergia strutturale ai costumi accademici più paludati: ma credo pochi possano negare di aver visto nei suoi occhi chiari l’intensità comunicativa di un’intelligenza vivace, vorace, contagiosa, o altrettanti di essere rimasti insensibili alla sua strepitosa, incontenibile vitalità.
Dalla pellagra al fascismo, dall’Istituto Parri alla rete nazionale, dal Dipartimento alla amatissima editoria scolastica (nella quale è stato un grande innovatore), Alberto è stato un protagonista di rango. Chiamarlo professore è poco: intellettuale, direi, nella sua accezione più piena e civile, legata al fare oltre che al pensare. Per questo, oggi che si è spenta, a me viene in mente la fulgida stella di John Keats.
Roberto Balzani