A briscola è sempre scoraggiante trovarsi in mano tre carte, cosiddette “scartine” ovvero di poco valore per fare carico. Allo stesso modo, risulta, ora, sconfortante per l’elettore leghista forlivese giocarsi la corsa delle prossime regionali con la mano di tre candidature, appunto tre scartine, al massimo un due, un quattro e un cinque di coppe quando imperano bastoni o spade di partiti maggiori: volutamente dimentico l’oro del seme dei denari, considerate la tanta opacità e pari pochezza, attuali nella politica a Forlì.
Tre, quindi, le tre scartine, candidate leghiste al Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna: innanzitutto, Marco Catalano, appena un “due” risicato risicato dopo tanta sua spericolata odissea vagabonda di qua e di là; poi, il “quattro” di Simona Buda, dal 2021 Presidente di Alea, adesso ambiziosamente candidatasi in regione, forte dell’aulica esperienza presidenziale, giusta per motivare la volontà di fare quella “sua differenza”, enfaticamente dichiarata in un proprio recente appello elettorale; infine, stamani sul Carlino il salvifico annuncio, l’incomparabile Daniele Mezzacapo, solido “cinque”, ma sempre sotto il minimo sufficiente, e alle ultime comunali recordman di preferenze leghiste, tutte, però, solo beffeggiate dal rifiuto di qualunque posticino in giunta, persino di ogni altro incaricuccio compensativo.
Tre scartine con poche probabilità di essere eletti, considerando lo stato di salute elettorale leghista nel forlivese; tre scartine elettorali, destinate a restare trombate nel pieno rispetto di genere e pari opportunità. Tale inevitabile previsione deriva dalla consapevolezza quanto queste tre candidature siano espressione della gestione padronale e della povertà propositiva della Lega, ormai incapace di rinnovamento al suo interno, ma soprattutto in balia di chi sotto la maldestra bandiera salviniana cerca soltanto di soddisfare ambizioni personali, nuove o consolatorie di essere rimasti tagliati fuori da tutto ad opera di tutti, tra quest’ultimi compreso pure il sindaco-padrino Zattini tanto vanamente premuroso a chiacchiere verso il figlioccio Mezzacapo.
Continua, comunque, e non solo nella Lega, la politichetta forlivese della manipolazione, del maneggio d’impronta verticistica, personalistica, fuori da ogni senso della misura, compresa quella della pazienza, ormai colma sino alla rottura, di cosa non lo dichiaro, ma chi ha orecchie buone sicuramente intende.
Franco D’Emilio