Le elezioni regionali dell’Emilia-Romagna si avvicinano, scorro i nomi dei candidati dei partiti e coalizioni, ma davvero, stavolta, non so cosa votare, anche perché angosciosamente dibattuto se ne valga ancora la pena. Avevo pensato di selezionare per ridurre, magari, la scelta a due nomi, praticamente due teste, possibilmente di pregevole intelletto, umano e politico, però mi sono dovuto arrendere all’evidenza della grande povertà di intelligenze, cui, al contrario, si oppone l’inevitabile, conseguente gran numero di croci, tutte sul groppone di noi poveri elettori.
Dunque, perlopiù zucche, miseramente vuote e dal suono cavo, disperatamente inospitali anche per un solo neurone. Dite che esagero? Vi lascio dire: accusatemi pure di qualunquismo, scarso senso civico, persino di mediocre logica del tanto peggio tanto meglio, ma, credetemi, sono stufo e non bado affatto a questi triti, logori rimbrotti, ampiamente zittiti da un astensionismo elettorale ormai prossimo al 50%, il che vuol dire metà degli italiani con le palle piene di vane elezioni con l’esito di peggiorare sempre più la vita democratica, il che non può significare che sia nel giusto la metà degli italiani votanti e nel torto l’altra degli astenuti.
Quindi, basta, ciascuno per la sua strada. Da quando elettore ho sempre votato ad ogni tornata elettorale o referendaria, ma inutilmente sia per le mie attese personali di singolo cittadino sia per le aspettative complessive della comunità nazionale alla quale appartengo. Scorro i “santini” propagandistici dei candidati forlivesi, seguo sui social i loro post di vanesio protagonismo per la marchetta del votuccio elettorale, resisto alle loro solite tiritere di promesse da marinai, sorrette da banale ovvietà. Mi fa scompisciare ed irritare chi, magari già ampiamente burattino negli esiti delle ultime comunali a Forlì, ora si ripropone spudoratamente col cappello in mano per andare in regione, a conferma del vecchio adagio popolare quanto, spesso, si abbia la faccia pari al culo.
Tra i candidati la fauna elettorale è varia: più di una miserevole banderuola, fastidiosa pulce di partito in partito; poi, taluno non più pago dei propri, recenti, onorevoli oneri presidenziali di qualche municipalizzata, perché, si sa, l’appetito vien mangiando; ancora, qualche ex sindaco senza più vitto politico; di seguito, alcune gentili candidate, tirate su negli educandati bon ton delle parrocchiette di partito, qualunque ne sia il colore; infine, qualche candidato tappabuchi, allettato dalla possibilità di vivere un momento di gloria elettorale.
Tutti, al solito, apparentemente umili, ma, sotto sotto, solo tronfi nello sfoggio tattico di tale ruffiana misura, modestia elettorale. Anche a Forlì, votare chi? Forse Poldo oppure Baffino o, magari, la Mirna, tanto per parità di genere tra “pataca” e patacche? Forse, potrei giocarmeli e scegliere ai dadi, ma sarebbe troppo: già è tanto l’azzardo che si lasci ancora spazio a simili candidati, perlopiù poca cosa e per questo solo corsari della politica forlivese.
Franco D’Emilio