L’esito del voto regionale a Forlì induce ad alcune considerazioni sul risultato, conseguito, complessivamente e singolarmente, dai partiti dello schieramento di centrodestra, fra l’altro per la seconda volta alla guida dell’amministrazione comunale cittadina. Dobbiamo essere obiettivi, lo impone l’onestà politica, mai da compromettere con la mistificazione della realtà, magari con analisi infondatamente e pretestuosamente a proprio favore, con giustificazioni solo campate in aria: il centrodestra forlivese alle trascorse regionali ha chiaramente dato segni di fragilità, insomma ha vacillato, lo dicono inequivocabilmente i dati.
Nel dato finale di Michele De Pascale, candidato del centrosinistra, vincitore con ben il 58,91% sul 38,65% di Elena Ugolini, candidata del centrodestra, dunque in questo divario di 20 punti si intravedono chiaramente i sintomi di una fragilità, di un iniziale affaticamento a Forlì della coalizione meloniana-forzista-leghista. È vero che Fratelli d’Italia riporta il lusinghiero risultato cittadino del 23,06%, contributo importante all’elezione del suo primo consigliere regionale forlivese nella persona di Luca Pestelli, al quale va riconosciuto il merito di una propria campagna elettorale attrattiva, garbata e di grande capacità comunicativa, tuttavia questo dato, pur nettamente superiore al contenuto 8,21% delle precedenti regionali del 2020, quando FdI risultava ancora un piccolo partito forlivese fuori dall’exploit alle politiche del ’22, si rivela già 4 punti sotto la percentuale del 27,8, conseguita, sempre a Forlì, alle ultime europee del giugno scorso ovvero un calo di consenso davvero significativo in soli 4 mesi.
Inoltre, è vero che a Forlì Forza Italia ha conseguito il 5,70% del consenso, quindi superiore a quello, sempre regionale del 2,96 nel 2020, ma è altrettanto evidente come la percentuale regionale, ora conseguita, sia calata del 2,2% rispetto al 7.90% delle europee di quattro mesi addietro. Infine, è innegabilmente vero come la Lega forlivese con il suo ultimo 5,72% alle recenti regionali sia precipitata dal 30,58 delle regionali del 2020 e stia già smottando dal 6,01 delle ultime europee. Né possiamo tralasciare una comparazione rispetto alle comunali a Forlì di quest’anno: oggi Forza Italia ha perso l’1,5 sul suo 7,2% comunale; la Lega, invece, ha registrato ora un calo di 3 punti rispetto al suo comunale 8,7%; soltanto, FdI ha accresciuto adesso di 4 punti il suo 19,2% comunale. Balza, però, vistosamente agli occhi come alle ultime regionali né Fratelli d’Italia né Forza Italia né la Lega abbiano intercettato a Forlì una parte significativa del consenso registrato dalla lista La Civica del sindaco Zattini, sempre alle ultime comunali.
L’analisi persuade quanto il centrodestra forlivese stia vacillando con una perdita di 6 punti rispetto al recente voto europeo. Qualcuno obietterà “pro domo sua” che il raffronto tra le regionali e le europee sia incongruo perché le prime condizionate da fattori di scelta localistica, ignoti alle seconde, invece dovrebbe onestamente registrare che l’ultimo voto regionale, seppur a pochi mesi dalle elezioni europee, ha chiaramente dimostrato come errori, contraddizioni, discutibili condotte personali e di partito all’interno del centrodestra forlivese, attualmente al governo della città di Forlì, abbiano in poco tempo segnato un evidente calo di consenso. Checché ne dica e scriva Albert Bentivogli, fine politologo leghista da Scuola Radio Elettra Torino, checché ne dica e scriva Daniele Mezzacapo, altra mirabile mente leghista, protagonista, fra l’altro, di una stucchevole intervista sul voto regionale nella quale si cimenta in un arduo panegirico della sua persona. Non è stata solo colpa dell’astensionismo che, in misura maggiore o minore, ha colpito sia il centrosinistra che il centrodestra: la verità della quale il centrodestra forlivese, nessun suo partito escluso, deve prendere atto è il calo inequivocabile del consenso, al quale presto riparare in modo intelligente, opportuno, innanzitutto mutando la propria condotta, complessiva e particolare, e, ancora di più, manifestando una effettiva capacità di proposta e confronto politico.
Il centrodestra è ai primi sintomi di un affaticamento elettorale che origina dalla mancanza di una vera classe dirigente, ripeto, complessiva e in ogni suo partito, non escluso FdI, perché anch’esso con un vertice perlopiù raccogliticcio, transfuga e politicamente goffo, maldestro; affaticamento che origina dalla mancanza di un chiaro, comune modello di cultura politica che sappia muovere, indirizzare complessivamente lo sviluppo della città di Forlì, accantonando l’improvvisazione, quella estemporaneità di interventi parziali, solo momentanei. Sull’esito del voto regionale in Umbria ed Emilia Romagna la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata chiara e obiettiva: “Interroghiamoci sul voto. Non vincere sempre aiuta a tenere i piedi per terra, a riflettere.” Ecco, mi auguro che il centrodestra forlivese faccia proprie queste giuste parole e rifletta, tenga la testa ben salda, mettendo da parte l’incultura del pressapochismo, del risentimento, della frequente arroganza di taluni suoi rappresentanti.
Franco D’Emilio