
Chi cerca trova, ma spesso trova diversamente dalla propria ricerca, cosa questa che, perlopiù, può risultare una scocciatura, distrattiva da quanto si indaga, anche se a volte può significare un incontro, fortuito ma importante, con personaggi o avvenimenti di grande valore nella storia, nella cultura italiana e magari forlivese. È quanto frequentemente accade nella ricerca archivistica: come un lagotto da tartufi cerchi, chissà mai, una pregiata trifola bianca, ma ti imbatti al momento solo in una nera, meno raffinata che, comunque, ti prende, ti incuriosisce perché ugualmente profuma di storia, e che storia.
È quanto mi è accaduto negli ultimi giorni, saltellando tra le carte del Ministero dell’istruzione del Regno d’Italia tra il 1880 e il 1910, in deposito all’Archivio Centrale dello Stato a Roma, e le carte, relative ad un celebre professore, ordinate nell’archivio storico dell’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, ateneo di tanta caratura, passata e presente. In lunghi pomeriggi mi sono imbattuto, così, nel prof. Francesco Torraca (1853-1938) che, considerati i suoi rapporti con Giosuè Carducci, quasi mi è venuto incontro, fuori dai documenti, con un esortativo “Perché non scendi? Perché non ristai? Fresca è la sera e a te noto il cammino.”
Forse, sorriderete della mia esaltazione carducciana, ma perché tralasciare un’occasione tanto ghiotta per allontanare la delusione dell’odierna, dominante povertà culturale, solo audace e presuntuosa, fino a candidare con tanto azzardo Forlì, culturalmente disastrata, malconcia e posticcia, a capitale italiana della cultura 2028? Perché, ancora di più, sorvolare allora sull’opera e sui rapporti con Forlì, con la Romagna di un eccelso prof, quale Francesco Torraca? Perdonatemi l’uso tronco, ma affettuoso e di stima del termine professore, lo stesso col quale sempre appello pure il caro amico forlivese Agostino Bernucci, ex insegnante, oggi egli stesso abile lagotto di trifole storiche forlivesi per questo giornale.
Dal 28 novembre 1888 al 2 luglio 1890 il prof. Francesco Torraca fu provveditore agli studi di Forlì su nomina d’urgenza da parte del Ministro della pubblica istruzione Paolo Boselli, dietro sollecita indicazione di Michele Coppino, precedente ministro, già autore dell’omonima legge di riforma per l’obbligo e la gratuità sino all’età di 9 anni della frequenza della scuola elementare. L’urgenza era giustificata dalle ripetute, allarmanti relazioni sull’istruzione primaria e sulla scarsa disponibilità di insegnanti elementari nel territorio forlivese, inviate da Tito De Amicis, prefetto a Forlì dal 1884 al 1890, fratello maggiore del celebre scrittore Edmondo, autore del popolarissimo libro Cuore.
Stabilendo la residenza a Forlì, Francesco Torraca seppe, in poco meno di due anni, dare prova di fattivo impegno, riordinando e migliorando la scuola primaria forlivese, anche ottenendo contributi ministeriali a favore delle cosiddette Scuole Normali, preposte alla formazione di insegnanti elementari, delle quali due nella Romagna forlivese, una a Forlì, l’altra a Rimini. Fu, poi, Torraca a proporre al ministero l’istituzione di una Scuola Normale a Forlimpopoli per la formazione di maestri delle classi maschili, fu sempre lui nel 1890 a proporre che la direzione di questo nuovo istituto fosse affidata a Valfredo Carducci, fratello del famoso Giosuè, stimandolo per l’ottimo lavoro già svolto nel dirigere la Scuola Normale di Camerino.
Chi era, dunque, questo giovane, a solo 35 anni provveditore agli studi di Forlì, nativo di Pietrapertosa, piccolo paese a 1.088 metri d’altitudine sulle impervie rocce basaltiche delle cosiddette “dolomiti lucane” in provincia di Potenza, capoluogo della Basilicata? Ebbene, figlio di una famiglia borghese di forti sentimenti liberali, pure garibaldini, nel 1873 si era brillantemente laureato in lettere presso l’Università di Napoli, sin dal 1224 attiva per volere dell’imperatore svevo Federico II; nel frattempo, aveva coltivato anche l’attività giornalistica e intrecciato stretti rapporti collaborativi con il fine letterato, patriota Luigi Settembrini e con il sommo saggista, critico letterario Francesco De Sanctis, più volte anche ministro dell’istruzione, del quale fu il trascrittore ufficiale di tutte le lezioni e conferenze.
Sempre a Napoli il nostro Torraca tra il 1874 e il 1880 aveva iniziato la sua attività di insegnante di letteratura italiana nei licei classici, prima al “Domenico Cirillo”, poi al “Vittorio Emanuele II”, quindi presso la Scuola Tecnica di Portici aveva ricoperto il primo incarico dirigenziale di direttore d’istituto. Trasferitosi a Roma nel 1880, professore presso l’Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci”, aveva lavorato per conto dell’editore fiorentino Cesare Sansoni al suo progetto per un Manuale della letteratura italiana in tre volumi, opera rivelatasi di grande successo con numerose ristampe e ben otto edizioni. Infine, giovane provveditore agli studi di Forlì, Francesco Torraca era già apprezzato nel mondo per i suoi studi su Dante, Boccaccio e tanti temi della cultura medievale e umanistica.
A Forlì Torraca rivelò subito di saper affiancare una solida competenza amministrativa al suo sapere e alla sua esperienza di docente, disponendo così di un binomio operativo, utile a produrre risultati positivi e opportuni, quelli oggi fuori dalle capacità di tanto nostri amministratori, pure forlivesi, magari assessori alla cultura, che fuggono dai problemi, rincorrendo assurdi sogni di capitali della cultura. Come si rileva da alcuni documenti presso l’archivio Centrale dello Stato a Roma, durante il suo mandato di provveditore agli studi di Forlì Francesco Torraca sollecitò ripetutamente la Direzione Generale dei Monumenti e delle Belle Arti, sottoposta al Ministero dell’istruzione, per urgenti lavori di restauro dell’antica pieve di San Donato in Polenta nel Comune di Bertinoro, recupero poi effettivamente realizzato nel 1890.
Poteva, mai, un famoso dantista, come Torraca, lasciar andare in rovina una chiesa, luogo di preghiera del Sommo Poeta, ospite, appunto, dal 1317 fino alla sua morte presso la corte di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna e del riconquistato Castello di Polenta? Poteva mai Torraca deludere l’amico Carducci, anch’egli cultore di Dante, perché con la pieve forse cadesse l’ispirazione nel 1897 della poesia carducciana La chiesa di Polenta, poi pubblicata in “Rime e ritmi” del 1899? Francesco Torraca sentì sempre, in accordo tra loro, la responsabilità del ruolo istituzionale e l’amore per la cultura, i suoi protagonisti passati e recenti. Di nuovo a Roma sul finire del 1890, strinse rapporti con Benedetto Croce, documentati da un ampio scambio epistolare, e rivestì altissimi ruoli dirigenziali al vertice del Ministero dell’istruzione, anche partecipando nel 1897, in modo davvero utile e risolutivo, alla definitiva acquisizione e pubblicazione da parte dello Stato dei diversi manoscritti leopardiani, appartenenti alla controversa eredità di Antonio Ranieri, grande amico del poeta recanatese.
Per concludere, dal 1902 a Napoli per la cattedra universitaria, prima di letteratura comparata, poi di letteratura italiana, dunque il 3 ottobre 1920 l’onore della nomina a senatore del Regno, carica che rivestì, come sempre, con l’impegno assiduo di buon servitore dello Stato e di persona competente, studiosa dei problemi, soprattutto quelli educativi dei giovani. Inizialmente, fascista tiepido, poi si distaccò, al pari di Croce, dalla politica del regime, anche in forte polemica con Giovanni Gentile. Una vita intensa e di valore, trascorsa anche a Forlì e tracciata su tanti documenti perché un topo d’archivio col naso di un cane lagotto li ritrovasse e oggi ci scrivesse sopra un modesto tributo.
Franco D’Emilio