
Alessandro Giuli è venuto a Forlì: nostro colto, garbato cinquantenne ministro della cultura, pure prossimo alla laurea in filosofia, nonché successore tappabuchi di Gennaro Sangiuliano, purtroppo travolto da vicende di tanto aulico colore boccaccesco. È venuto, ha incontrato il sindaco Zattini e, alla fine, assieme, quasi “cheek to cheek”, si sono fatti una pacca di conti sui costi del tanto annunciato recupero dell’ex complesso monasteriale di S. Maria della Ripa a Forlì. Ancora me lo vedo, prendere la penna, allungatagli dallo zelante sindaco forlivese, e buttare giù una previsione di costi e risorse, magari sulla stessa tovaglia, sgombrata di piatti e bicchieri, del ristorante, dove pare abbia goduto dell’eccezionalità degli strasoliti cappelletti romagnoli al ragù, innaffiati da corposo sangiovese.
Lucidamente soddisfatti e sobri, i due si sono fatti una pacca di conti, in realtà una vera e propria resa di conti per cominciare a riempire di fatti il mare tra il dire e il fare sul restauro di S. Maria della Ripa. I numeri sono questi: per il recupero dell’antico complesso servono almeno, ripeto e sottolineo almeno, 50 milioni di euro, dei quali, al momento, disponibili poco meno di 13, mentre i restanti, perlomeno altri 37 milioni, ripeto e sottolineo perlomeno, dovranno reperirsi, anche ricorrendo ai privati, chissà mai con quale questua col cappello in mano. Per ora, dobbiamo accontentarci di un primo stralcio di lavori, poi si vedrà, intanto si tira a campare, come sempre trasversalmente accade nella nostra politica, da destra a sinistra.
Questo augurandosi che tutto vada senza intoppi e, soprattutto, senza incremento di spesa per l’aumento dei costi, magari quelli degli studi di fattibilità e progettazione oppure quelli di messa in opera ed esecuzione edilizia. Intanto, ed è quello che conta al momento, la venuta di tanto ministro del centrodestra ha confermato lo strombazzato annuncio del sindaco del centrodestra forlivese sull’intervento recuperativo di S. Maria della Ripa: importante è fare un gran polverone, pari a quello dell’apache solitario, al galoppo nella prateria, che si trascina la fronda di un albero, sollevando, così, alle sue spalle un’incredibile nube di polvere che faccia credere ai cavalleggeri americani chissà mai quale numero di indiani.
Tutto coincide amaramente con una storia analoga, quella del recupero della ex Casa del Fascio di Predappio. Nel 2019, dopo la storica affermazione del centrodestra alle elezioni amministrative, il nuovo sindaco subito annunciava il sollecito inizio dei lavori nel monumentale edificio fascista, già nel dicembre 2018 assegnati per la loro fattibilità allo Studio Valle di Roma, vincitore del relativo bando di progetto, ad opera dell’ormai declinante amministrazione predappiese di centrosinistra. Su un preventivo totale di almeno, ripeto e sottolineo almeno, 8-10 milioni di euro, risultavano allora disponibili solo 3,5 milioni, tuttavia utili, pure allora, per un primo stralcio di recupero, dunque era ancora da reperirsi perlomeno, ripeto e sottolineo perlomeno, una cifra tra 5 o 6 milioni di euro. I veri lavori, in realtà, partivano tardivamente molto tempo dopo, arenandosi, miseramente, a fine 2023 in una lite giudiziaria con la ditta assegnataria degli iniziali interventi.
A copertura dei primi interventi si dicono spesi sinora 900.000 euro per studi propedeutici di fattibilità, dunque rimane, se tale rimasta, una cifra di 2,6 milioni di euro sui 3,5 inizialmente disponibili. La controversia giudiziaria, che a detta del sindaco di centrodestra predappiese, doveva risolversi rapidamente entro pochi mesi, è tuttora irrisolta; il primo stralcio dei lavori è al palo; un silenzio tombale è calato sulla vicenda, tanto da chiedersi se non sia opportuno che qualcuno, nella facoltà autorevole di poterlo fare, faccia luce su questa storia, così opaca. Ieri, una storia di simile epilogo aleggiava sulle sorti dell’ex Monastero di S. Maria della Ripa e sulla venuta del ministro Giuli a Forlì, acclamato dal seguito compiacente del centrodestra forlivese, pure infiltrato, facciamo corna, da taluno protagonista delle vicissitudini della ex Casa del Fascio di Predappio. Con un tale precedente, cari forlivesi, siate cauti: mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco!
Franco D’Emilio