Una Forlì senza vergogna culturale

da sx Cicognani Giuli Buonguerrieri Zattini Bongiorno

Con un sorriso amaro di tanto sconforto e con il pensiero immediato, sferzante “ma che vadano tutti a farsi fottere!” ho accolto la notizia della candidatura di Forlì a capitale italiana della cultura. Ancora, uno sproposito, una sciocchezza, perfettamente coerente solo con la balordaggine culturale del “miglio bianco”, con la politica improvvisata e giullaresca del sindaco Zattini, della sua giunta, del centrodestra forlivese. Non è più, però, soltanto una questione di contrapposizione tra destra e sinistra, adesso siamo ad una vera e propria emergenza civica che ci coinvolge tutti e rischia di compromettere la gestione, il giusto cammino, soprattutto l’equilibrio di un aspetto importante della vita di tutti i forlivesi: la nostra cultura cittadina con i suoi valori, il suo patrimonio di beni.

Sì, la pericolosa emergenza civica della strumentalizzazione della cultura per il recupero di quella scena, di quella ribalta, in particolar modo di quella considerazione in crescente, inesorabile calo che segna la giunta Zattini bis. Al momento, la candidatura di Forlì a capitale italiana della cultura, patetico coup de theatre di vuoto sensazionalismo, risulta l’azzardo irragionevole di audace, presuntuosa faccia tosta per distrarre l’attenzione dai numerosi, irrisolti problemi che angustiano Forlì, anche in conseguenza della tragedia alluvionale. Insomma, un coniglio bianco fuori dal cilindro magico del sindaco Zattini, ormai ingannevole, mi addolora scriverlo, prestigiatore della realtà sulla pelle e sul futuro di noi forlivesi.

Nelle proprie manifeste inerzia e incapacità di affrontare la realtà cittadina l’attuale giunta comunale fugge, nasconde, magari copre, come in questo caso, con lo spiazzante stupore propositivo che Forlì possa diventare capitale italiana della cultura. Poverino, sai che acidità di stomaco, Dario Franceschini, trascorso e tantinello dispotico ministro della cultura, appunto nel 2014 ideatore con successo dell’iniziativa annuale di designazione di una capitale italiana della cultura, individuando una città “con la possibilità di mettere in mostra la sua vita, il suo sviluppo culturale, di ravvivare la propria identità culturale e per tutto questo proiettare una sua visibilità nazionale ed internazionale“. Onestamente, cari concittadini, guardiamoci senza pregiudizi politici nelle palle degli occhi, vi sembra che Forlì meriti questa designazione, quindi sia sensata la candidatura ad opera del sindaco Zattini?

Quella dell’odierno Primo Cittadino è proposta sfrontata perché senza vergogna della realtà culturale forlivese: musei chiusi o smembrati; archivi storici a puttana, pure con difficoltà di consultazione, come nel caso di tanti professionisti tecnici; sistema bibliotecario traballante e di poche prospettive; servizi di amministrazione e gestione culturale, scarsamente garantiti e affidabili, tanto più per taluni discutibili criteri concorsuali, selettivi del personale, anche per incarichi dirigenziali. Ne’ basta la compensazione di un festivaluccio, astruso e casereccio, nel nome di Caterina Sforza; ne’ basta la solita mostra del San Domenico, sempre titanica nei suoi propositi e ambizioni, ma perlopiù nana, focomelica nella valorizzazione del patrimonio e delle attività culturali del territorio; ne’ basta, ancora, una stagione di spettacoli, teatrali o in arena, non sempre interpretativi della realtà, dell’arte locale; ne’, infine, basta, fa spessore significativo la tanto, forse troppa e prezzemolina attività di molti storiucoli, in giro per la città.

La realtà culturale di Forlì è questa. Una situazione complessivamente negativa, pure vandalizzata dall’uomo e dalla natura, sicuramente anche, in parte, eredità di precedenti amministrazioni, ma adesso, ancora di più, nelle mani di barbari che volutamente mancano di realismo culturale perché principalmente interessati all’ennesimo, reboante, tronfio annuncio che faccia pendant, magari, con quello, di pari faciloneria, del recupero del complesso di S. Maria della Ripa, strombazzato agile e senza intoppi, all’insegna di uno stretto “culo e camicia” tra Ministero della cultura e sindaco Zattini. Quanta azzardata ingenuità nel nostro temerario Primo Cittadino, quasi emulo di un giocatore di poker!

Questa distrattiva candidatura di Forlì a capitale italiana della cultura risponde pienamente solo a intenti di grossolana, demagogica propaganda politica, la stessa espressa, d’altronde, da Bongiorno, nostro vicesindaco e assessore alla cultura, in questi Giorni di Ricordo delle Foibe e dell’esodo giuliano dalmata rivelatosi protagonista di tanta approssimazione, ma soprattutto di scarsa conoscenza della storia delle comunità di lingua italiana in terra slovena e croata. Ecco, dirà qualcuno, il solito bastian contrario che scrive contro chi vuole e fa il bene della città. Perché non attrarre, anche buggerandoli, ignari turisti, convinti e desiderosi di conoscere lo splendore, la magnificenza di Forlì, chi se ne frega se pretestuosamente e artificiosamente capitale italiana della cultura? Perché deludere nuove aspettative dell’assessore Kevin Bravi, recentemente audace cantore di un exploit turistico forlivese?

Ammesso che Forlì ne abbia ancora uno, mostreremmo il “salotto bono”, come si dice a Firenze, nascondendo le altre stanze, tutte in disordine e dissestate? Perché siamo messi così: dissesto del territorio e dissesto della cultura forlivese. Contro questa rischiosa emergenza culturale occorre che, oltre ogni divisione, tutti i forlivesi, responsabili e spinti da amore, cura per la propria città, tutta la buona politica di qualunque indirizzo o partito, sopravvissuta al teatrino squallido degli ultimi tempi, ancora di più tutti i validi e, per fortuna, tanti operatori culturali manifestino la loro contrarietà a questa insensata candidatura, al momento inopportuna, solo ruffiana di tanto bluff.

Franco D’Emilio

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