A Forlì il voto dei quartieri tra ombre e sospetti, diffide e chiassate

elezioni di quartiere

Domenica prossima a Forlì si vota per il rinnovo dei Comitati di Quartiere, importante strumento di decentramento, quindi di raccordo e confronto tra l’Amministrazione comunale e le varie comunità cittadine, ciascuna delle quali con la sua, spesso originale, configurazione territoriale, sociale ed economica, motivo di particolari esigenze amministrative. Sicuramente apprezzabile la disponibilità volontaristica di tanti candidati, ma non mancano ombre e sospetti a distogliere dall’idea che nei quartieri “tutto vada bene, madama la marchesa” e sia davvero tutto oro quel che luccica, un po’ come nell’illusorio luna park natalizio di “Forlì che brilla”.

Dunque, andiamo al voto, più numerosi possibile, consapevoli di un impegno partecipativo di marcato valore civico e decisi ad una scelta tra la riconferma o il cambiamento di quanti sinora eletti nei “parlamentini di quartiere” e, magari, poi scelti alla guida di questi stessi. Una scelta che, innanzitutto, s’impone alla luce di alcune legittime domande, la prima delle quali veramente essenziale: in che misura ogni comitato di quartiere, ora in scadenza, ha saputo rispondere alle attese, alle necessità dei propri residenti? Poco, abbastanza o molto? Ma, soprattutto, con quanta equità e con quanta trasparenza gestionale? Cosa, quest’ultima, non da poco, pure riguardo a talune sottoscrizioni, raccolte di fondi, effettuate da qualche comitato, come risulta documentato e testimoniato.

Certo, rispondere alle aspettative di tutti non è facile, quasi impossibile accontentare ogni cittadino perché le priorità s’impongono sempre, anche relativamente alla decisione quali richieste, quali bisogni interpretare e mandare avanti, prima di altri. Però, attenzione, punto ben fermo e imprescindibile, equità e trasparenza non ammettono mai alcuna deroga, ancora di più quando chi, coordinatore o presidente del quartiere, al riguardo la terminologia è ballerina, decide per gli uni sugli altri ovvero antepone la soluzione di alcuni problemi a quella di altri. Se pensiamo quanto i ripetuti eventi alluvionali abbiano imposto ai quartieri forlivesi l’urgenza di nuove necessità e priorità, allora è inevitabile capire quanto, in tali circostanze, equità e trasparenza abbiano avuto e, purtroppo, abbiano tuttora un’importanza fondamentale.

Ma non sempre equità e trasparenza hanno distinto l’attività di tutti i quartieri. In qualche caso, infatti, è stato lasciato facile ed eccessivo spazio al tentativo maldestro di camuffare come impegno al servizio dell’intera comunità del quartiere quello che è risultato e risulta solo un esclusivo decisionismo personale, molto opaco e poco trasparente, a bella posta supportato, spesso, dal peso di un particolare, anche questo personale, ruolo o attività lavorativa; un decisionismo contrario alla collegialità di quartiere e mai neppure risultante da un opportuno confronto ai voti tra maggioranza e minoranza. Di conseguenza, qualche comitato di quartiere forlivese pare più nella disponibilità di una camarilla, di un clan d’affari o di un “giro vizioso e viziato di amici degli amici degli amici”, in conclusione nelle mani di chi arbitro insindacabile nel dispensare ascolto, attenzione e aiuto.

Ombre e sospetti di un decisionismo, falsamente democratico, solo autoritario, a volte tracotante contro ogni possibile critica o dissenso, ma con la faccia tosta di proporsi come valido strumento in grado di interpretare e soddisfare rapidamente le aspettative del quartiere, seppure in modo parziale, ingiusto, perché non senza favoritismi. Le imminenti elezioni dei quartieri forlivesi si avvicinano in un clima torbido di ipocrisia, di condizionamento e manomissione della loro finalità originaria; pure di dubbi e sospetti, fino all’estrema conseguenza, in taluni casi, di aggressioni verbali, vergognose e becere chiassate piazzaiole in casa d’altri, oppure di diffide legali od altra manifesta ostilità, messa in atto dal protagonismo arrogante e prevaricatore di qualche candidato o ricandidato con la logica perversa del “o io o nessun altro“. Non mancano le minacce di “danni” alla persona, non manca documentazione varia, recapitata con lettere anonime, pure alla mia persona e da me naturalmente affidata a mani opportune.

Un clima torbido, dunque, anche a copertura di alcuni casi di manifesto, persino invasivo, addirittura monopolistico familismo nella formulazione delle candidature: insomma, un inopportuno malcostume all’insegna del motto di Longanesi “tengo famiglia”. Un clima torbido e infido nel quale la politica locale, soltanto apparentemente, mostra di rispettare l’apartiticità dei comitati di quartiere, ma, sotto sotto, briga per condizionarne o controllarne l’attività con propri candidati sicuri, anche riciclati da precedenti trombature elettorali e ora ricompensati con il ruolo di “ruotino da scorta del quartierino“: i manovratori non mancano.

Così, c’è la signora che, fiduciosa nella dimenticanza altrui della propria, trascorsa candidatura alle comunali per il centrodestra, fa la gnorri e, pane e volpe a colazione, propone tre nomi del centrodestra, a suo parere degni di elezione in tre distinti quartieri cittadini; non manca il compagno militante che, sempre paladino dell’apartiticità dei comitati, spiattella poi spudoratamente l’endorsement per taluni compagni candidati, graniticamente affidabili al pari di un “usato garantito e sicuro”; infine, non manca chi, stratega comunicativo, fa circolare la foto di un candidato, ritratto al centro e a suo agio nel far “lega” tra un segretario nazionale ed un titolato esponente locale. Per oltre due mesi Vincenzo Bongiorno, vicesindaco di Forlì, ha girato di quartiere in quartiere a portare il viatico, il sostegno dell’Amministrazione di centrodestra alle elezioni dei comitati, ascoltando le istanze di ogni comitato, ma nulla è disponibile per intendere chi tra i candidati, proposti o offertisi oppure imposti, abbia spessore, capacità e idee, anche competenze, cosa che assolutamente non guasta, per essere validamente eletto, magari pure alla guida degli stessi comitati.

Invece, niente, resta alto il rischio di eleggere cittadini mediocri, perlopiù abili al “saperci fare e manovrare” piuttosto che al saper interpretare, rappresentare in modo equo e trasparente le necessità dei quartieri, proponendo soluzioni giuste, veramente condivise dalla maggioranza dei residenti. Quindi, andiamo a votare, decisi a cambiare, non più a subire e spesso a farci intimidire. Diversamente, finiremo nei guai del sonetto di Trilussa “L’elezione der Presidente”, dove un somaro “per l’ambizione de fasse elegge s’era messa addosso la pelle d’un leone“, ma, una volta eletto, emise un raglio d’esultanza e la gente s’accorse cosi d’aver votato un somaro. Troppo tardi, l’asinino eletto replicò: “Peggio per voi che me ciavete messo! Silenzio! E rispettate er Presidente!”.

Franco D’Emilio

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