Quando in politica a Forlì la moglie è giusta metà del caro marito

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Da sempre familismo, nepotismo, amichettismo sono fenomeni diffusi di italico malcostume, spesso insopportabile, se non scandaloso, tanto che il mordace Leo Longanesi aveva proposto che sul nostro tricolore figurasse il motto “tengo famiglia”. Eppure, prima di farla basterebbe solo chiedersi se la cosa sia opportuna, se non possa dare adito a congetture, considerazioni, anche sospetti perché, si sa, le malelingue sono sempre in agguato, davvero un guaio stuzzicarne la punta, magari la mia, “boccaccia mia statti zitta!”.

Stamani, potevo allungarmi al tiepido sole in piazza Navona, ma sulle briciole del maritozzo, dolce che già nel nome evoca l’amore coniugale, mi è atterrato il solito piccione viaggiatore dei miei agenti all’Avana, messaggero dell’ultima, succosa notizia forlivese: la gentile signora moglie dello strategico vicesindaco e acuto assessore alla cultura di centrodestra Vincenzo Bongiorno, è candidata al rinnovo del comitato di quartiere del centro storico, iscritta, infatti, nella lista predisposta. Per carità, niente osta che una cittadina, consorte di un prezioso amministratore, possa ambire a confermare il già avvenuto volo a nozze con la condivisione anche di una comune passione per la politica, in aggiunta a quella amorosa “core a core”, però la cosa non mi pare affatto di buon gusto.

Dunque, veramente due cuori e una capanna, adesso pure con lo stesso desiderio di far politica: da tempo, un po’ di qua, un po’ di là, il provvido maritino Vincenzo è sceso in campo e, finché dura, chi mai lo schioda, mai perdere l’unico, conveniente treno della propria vita; adesso, quasi guancia a guancia, i suoi occhi nello sguardo di lui, ci prova l’indissolubile mogliettina, forse persuasa e indotta dall’idea che la brava moglie segue sempre il buon marito e se è andata bene a lui perché mai dovrebbe dir male a lei. Per carità, scandalosamente succede anche a sinistra, fa testo al riguardo l’unione dei coniugi Nicola Fratoianni ed Elisabetta Piccolotti, entrambi parlamentari di Sinistra Italiana: due cuori, una capanna e due sostanziosi stipendi da deputato.

Nessuno delle interessate che abbia mai la dignità di chiedersi se seguire il marito, già politicamente attivo e ampiamente remunerato, come anche nel caso del vicesindaco Bongiorno, sia giusto, possa sollevare l’idea di qualcosa, prossimo al familismo. Non trascuriamo quanto la notorietà di Bongiorno, consorte e amministratore, possa ricadere, influire sul voto alla cara mogliettina: d’altronde, per tanti italiani quando c’è la famiglia c’è casa, dunque perché no anche un travolgente e ardente vincolo politico coniugale.

Una cosa riconosco alla gentile candidata, quella di essere un’assoluta novità, nessuno che ne conosca lo spessore politico o trascorse gesta, per questo non si sa neppure se sulle orme di “Carneade, chi era costui?”. Al contrario, in lista, un po’ dappertutto nei vari quartieri, diversi ex trombati ed ex trombate, la par condicio impone l’equità di genere, pronti ad un nuovo tentativo per tornare a galleggiare politicamente. Meglio allontanare cattivi pensieri e allungarsi nel sole di piazza Navona.

Franco D’Emilio

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