Triste quel paese alluvionato che ha bisogno di eroi

Alluvione foto di Tiziana Catani e Dervis Castellucci

Piove, governi ladri e in Romagna siamo punto e daccapo, con l’acqua alla gola, il rischio che nuovamente possa affogare Forlì e buona parte della Romagna. Sono in apprensione per i miei cari e per diversi amici, esposti al pericolo di ritrovarsi ancora il fango in casa. Sì, governi ladri, sia nazionali che locali, di ogni colore politico, perché tanti e da tempo sono i responsabili alla guida del Paese che hanno trascurato e violato il territorio, consumato e cementato a bizzeffe il suolo, hanno tombato o mai dragato i corsi d’acqua, soprattutto trascurato di realizzare nuovi argini, anche contro la loro insipienza, spesso contro le proprie spallucce ai problemi.

Se vuoi l’arcobaleno, devi sopportare la pioggia, così un saggio proverbio cinese, ma sulla Romagna, su Forlì continua a piovere sempre più spesso, poco o molto o troppo non importa, basta, infatti, una semplice pisciatina a intimorirci e a distoglierci dalla speranza di un arcobaleno in cielo. Ma quale arcobaleno! Quando in tutta evidenza è palese la lungaggine amministrativa e politica, tanto pidocchiosamente cavillosa, di corrispondere alle attese, alle necessità dei sommersi dalle alluvioni forlivesi, come pretendere che si veda l’arcobaleno?

Io, i miei cari, i miei amici, qualcuno di quest’ultimi ancora in ginocchio, non guardiamo neppure più il cielo: terra terra, fissiamo i fiumi vicini, i tombini sofferenti di rigurgito fognario, non cerchiamo più un orizzonte. Direte subito che sono eccessivamente pessimista, magari un disfattista, eppure le foto, i video che scorro, appena inviatimi, pure dal versante appenninico, non mi fanno affatto sentire in brodo di giuggiole: il problema del rischio alluvionale resta, non e’ cosuccia, difficile fare lo struzzo con la testa sotto la sabbia.

Consapevolmente provocatorio, aggiungo di più. Sono stato e sono grato agli “angeli del fango”, soccorritori nella sventura alluvionale, apprezzo i gruppi e i comitati spontanei, costituitisi a sostegno dei sommersi, ma credo che tutto questo lodevole, anche commovente impegno, non debba troppo considerarsi sotto il profilo retorico dell’esempio, dell’eroismo civico. Gli esempi, gli eroi sono un grande valore, ma, attenzione, possono, senza volerlo, risultare uno schermo alle inefficienze del governo nazionale e locale: questo spiega perché chi alla guida, apertamente o tacitamente, assecondi la disponibilità dei cittadini, disponibili a fare gruppo o comitato per supplire alle inefficienze del momento, pure dando una mossa a chi amministra alla velocità di un bradipo.

Per questo, non mi piace quando lo spontaneismo di gruppi e comitati si ufficializza e schematizza in associazionismo con tanto di tesseramento ed eventi propagandistici, magari all’insegna di collettive pizzate e piadinate. Si corre il rischio di un proselitismo a posizioni non sempre indipendenti e critiche, ma, a volte, anche appiattite, collaterali all’inefficiente amministrazione in carica. Per tutto questo non mi è piaciuto e mai mi piacerà alcun monumento, precipitosamente e sospettosamente subito celebrativo di provvidenziali eroi, dietro i quali occultare il fallimento del potere nel tutelare e provvedere i cittadini. Per questo, parafrasando Bertold Brecht, triste quel paese, quella città, pure alluvionata come Forlì, che ha bisogno di eroi.

Franco D’Emilio

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