
Parafrasando celebri detti popolari, possiamo dire che a Forlì non si muova foglia che la Fondazione Cassa dei Risparmi non voglia, come dire che a Forlì, ogni volta che tira aria di business, sia sempre la stessa Fondazione ad intervenire subito, provvedendo perché si chiudano le porte altrui e restino aperte soltanto le proprie. D’altronde, è la Fondazione che apre e chiude i cordoni della borsa dei danari, quindi tiene il coltello dalla parte del manico, costringendo a ferirsi chiunque incautamente provi a strapparglielo di mano, afferrandone la lama.
Aggiungo di più ovvero che da tempo, sia col governo di Forlì nelle mani della sinistra oppure dell’attuale centrodestra, la Fondazione forlivese, al pari di analoghi soggetti bancari presenti sul territorio nazionale, tiene strettamente per le palle, condizionandola inevitabilmente, la nostra politica cittadina, non senza la complicità di conventicole, gruppi riservati ed elitari, pure di marchio massonico e paramassonico: tutti ambienti, quest’ultimi, che, nonostante la loro apparente bonomia da bocciofila di quartiere, risultano davvero contrari e dannosi per lo sviluppo esteso ed equo della nostra Forlì.
Numerosi, ormai, i settori della società e dell’economia forlivese dove la Fondazione Cassa dei Risparmi risulta avere le mani in pasta e dove mai le sfugge ogni occasione di ennesimi, nuovi vantaggi, guadagni. Adesso, al suo vicepresidente Gianfranco Brunelli persino la presidenza del comitato scientifico per la candidatura congiunta di Forlì-Cesena a capitale italiana della cultura 2028. Sicuramente, sarebbe stata opportuna la partecipazione, magari pure la presidenza della Fondazione nell’ambito del comitato promotore, responsabile politicamente degli aspetti gestionali: invece no, a Gianfranco Brunelli, vicepresidente della Fondazione, senza neppure dubitare che l’incarico possa confliggere sul piano del ruolo, degli interessi rappresentati e delle competenze, è stata attribuita la responsabilità che attiene alla scelta scientifica dell’articolata valenza culturale di quanto programmabile per supportare una candidatura a capitale italiana della cultura.
Cosa più triste quella che su Brunelli a capo del comitato scientifico vi sia stata, come hanno riferito stamani diversi organi d’informazione, la decisione bipartisan, piatta e prona, supinamente acquiescente e concorde di tutta la politica locale, da destra a sinistra: nemmeno il se di un’ipotesi alternativa o un ma avversativo oppure un forse dubitativo. Tutti compresi nello stesso gregge ovvero che solo Brunelli possa essere il giusto presidente del comitato scientifico perché, usando le parole spropositate e tautologiche del sindaco Zattini, l’unico “di alto livello, con valenza internazionale, uscendo dal contesto cittadino per entrare in un contesto più ampio”. Per carità, non dubito affatto delle capacita professionali, culturali e umane del vicepresidente Brunelli, credo solo che, stavolta, attraverso la sua persona sia stato attribuito alla Fondazione un ruolo fuori luogo.
Ancora, per carità, bravo Brunelli, a nome della Fondazione Cassa dei Risparmi, nel promuovere e sfornare ogni anno una mostra dietro l’altra, per soddisfare la bulimia culturale dell’inarrestabile fenomeno di “mostrismo” espositivo del San Domenico, ma ora sarebbe stato giusto fare punto e andare a capo, in modo più rispondente alla candidatura di Forlì-Cesena a capitale italiana della cultura. Al riguardo, è bene ricordare come questo riconoscimento annuale ad una nostra città sia attribuito nell’ottica di una valorizzazione del patrimonio e delle attività culturali del rispondente territorio, quindi tale valorizzazione debba intendersi non solo sotto l’aspetto estrinseco dell’economicità ossia del ritorno economico dei beni e dell’azione culturali, ma anche sotto l’aspetto del valore intrinseco della culturalità ossia del contenuto espressivo, conservativo ed educativo di tutto il patrimonio del territorio, inteso pure come attuale abilità, creativa di nuovi segni e valori culturali.
Candidarsi a capitale italiana della cultura 2028 significa per Forlì-Cesena proprio questo: mettere in mostra una grande capacità di risultati nei campi della conservazione, promozione e valorizzazione di tutto l’universo culturale forlivese-cesenate. Per questo, sono convinto che molto più opportuno sarebbe stato affidare la presidenza del comitato scientifico della candidatura in questione ad una significativa personalità, veramente rappresentativa, perché giusta conoscitrice e interprete dello spirito e della tradizione, della storia e della produttività culturale del nostro territorio. Soprattutto, anche libera in questo suo compito da vincoli e lacciuoli economicistici.
Ecco, perché, faccio un esempio, avrei preferito la scelta di un nome come quello del professore Roberto Balzani, il cui ineccepibile curriculum, cito soltanto alcuni incarichi, non suscita dubbi circa la sua ampia autorevolezza a presiedere un comitato scientifico: storico e docente universitario di riconosciuto valore; preside della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali; esperto amministratore, considerato il suo trascorso incarico di Sindaco di Forlì; sempre interessante scrittore e promotore culturale; inoltre, presidente dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia Romagna e, per finire, attuale presidente del Museo Storico della Liberazione in via Tasso a Roma. Su un nome del genere non avrei esitato, la mano sul fuoco!
Diversamente, a capo del comitato scientifico per Forlì-Cesena, capitale italiana della cultura, è stato scelto Gianfranco Brunelli, vicepresidente della Fondazione, preferendo, così, la via “bottegaia” ad una pienamente autentica, rappresentativa della realtà e delle dinamiche culturali del nostro territorio. Ha vinto la logica del danaro; ha vinto l’illusione che le Fondazioni, compresa quella forlivese, siano veramente soggetti no profit; ha vinto la necessità di mettere insieme per tale candidatura una cifra tra gli 8 e i 15 milioni di euro, altrimenti tutto e’ impossibile, al pari di nozze con i fichi secchi; ha vinto la malsana convinzione, altrimenti non vale la pena, che per i riconoscimenti culturali, italiani o europei che siano, si debba spendere molto per ricavarne attesi profitti.
Con Gianfranco Brunelli, vice presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, ora pure presidente del comitato scientifico per Forlì, capitale italiana della cultura 2028, hanno vinto nuovamente I Signori delle città, proprio come nel titolo del libro di Alessandro di Nunzio e Diego Gandolfo, pubblicato nel 2020 da Ponte alle Grazie: la prima, attendibile inchiesta sui poteri e i segreti delle fondazioni bancarie, falso simbolo, nessuna fondazione esclusa, della filantropia nazionale, in realtà cassaforte di oltre 40 miliardi di euro, utili a tenere per le palle e controllare tanta politica di destra e di sinistra.
Franco D’Emilio