
Quello dell’Irst di Meldola rischia di non essere un futuro semplice ovvero sicuro e scorrevole, ma un futuro anteriore nel senso che la continuità del ruolo del prestigioso centro di ricerca e cura dei tumori sarà certa, salvaguardata e ben proiettata solo nell’occorrenza di tre circostanze: quando, finalmente, sarà stato chiarito definitivamente, ossia ribadito o mutato, il suo assetto guida; quando finalmente tutti, non il solito notabilato locale, avranno compreso come la “mission” dell’istituto si collochi fuori da visioni ristrette, particolaristiche, solitamente provincialotte e conservatrici; soprattutto quando la dirigenza dell’Irst sarà fuori da ogni spirito, incline più alla piccola camarilla gestionale territoriale che al respiro di una ben organizzata sinergia tra priorità, programmi della ricerca e gestione delle risorse utili.
Compito fondamentale dell’Irst è quello di promuovere, fare ricerca e applicarne i risultati nella lotta al cancro: questo in una duplice dimensione, sia come soggetto scientifico autonomo di indiscutibile valore sia come soggetto partecipe della più vasta rete di ricerca, nazionale e internazionale, in campo oncologico. L’Irst di Meldola non è un’isola e non può vivere come tale, ma è parte autorevole dell’arcipelago di analoghe esperienze scientifiche nel mondo, interessate allo scambio, alla verifica di risultati, spesso emergenti da comuni indirizzi, piani di ricerca in campo biologico molecolare o in quello dei protocolli terapeutici. Su tutto questo la politica, locale e nazionale, deve e dovrà rivolgere soltanto una premurosa attenzione, però sempre fuori da ogni suo coinvolgimento diretto o indiretto, sottolineo indiretto.
Chi amministra e amministrerà le risorse dell’Irst, insomma, scusate il rozzo semplicismo, il ragioniere contabile deve e dovrà sempre assecondare con responsabilità, esclusivamente di scelta economica, i programmi di ricerca proposti. Certo, la ricerca scientifica costa, altrettanto costa il fior fiore di ricercatori validi e già apprezzati, ma sempre vale qualunque costo la traduzione del lavoro di laboratorio nell’applicazione terapeutica, prima sperimentale, poi ordinaria. Anche per questo cresce l’attenzione sull’Irst e il suo futuro.
Potrà ancora assicurarsi il suo futuro, confidando del tutto nella contribuzione, essenziale e generosa, di munifici benefattori, anche soci partecipi? Perché escludere risolutamente a priori la possibilità che l’Irst possa collocarsi maggiormente nel contesto della più avanzata ricerca universitaria, correlata alla pratica sanitario-ospedaliera? Perché tanto prurito in taluni all’eventualità che possa mutare il prevalente assetto societario privatistico dell’Irst? Perché tanto immotivato, pretestuoso e piccato sospetto che si voglia tradire la memoria e la volontà a posteriori del caro prof. Dino Amadori, fondatore dello stesso istituto meldolese?
L’assetto societario e il rispetto della memoria di un grande scienziato sono aspetti importanti, ma niente affatto inviolabili, se davvero sta a cuore il futuro dell’Irst. Futuro che oggi appare incerto, zoppicante, ancora di più per quegli addetti ai lavori, spesso malamente improvvisati, e per quegli eredi di gloria altrui che in questi giorni paiono mettere le mani avanti con l’intento che tutto cambi apparentemente purché ogni cosa resti immutata all’insegna del tirare a campare: certi che, comunque, in caso di necessità, non mancherà un provvidenziale salvagente, magari pure politico in quel frangente, cui aggrapparsi per restare dignitosamente a galla.
Molti forlivesi sono rimasti in questi giorni perplessi dinanzi al dibattito sull’Irst: si discute attorno al suo assetto societario; si tira in ballo la memoria familiare; si auspica un numero crescente di benefattori. Nessuno, però, ripeto nessuno che evidenzi come il futuro dell’Irst sia innanzitutto quello primario dei malati, quindi sia legato proprio ai diritti, tutelati da quel Tribunale del Malato, tanto sostenuto dal prof. Dino Amadori, coerentemente con la sua persona di medico e cittadino di immensa umanità e responsabilità. Intanto, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, socia privata dell’Irst, si e’ assicurata la presidenza dello stesso istituto, dichiarando ovviamente che l’assetto societario va bene così com’è, ma va cambiata sicuramente l’organizzazione: come dire che i padroni non cambiano, devono cambiare soltanto il lavoro e i lavoratori dell’Irst.
Franco D’Emilio