Largo, arriva il Festival forlivese della Libertà

sala aurora ex scranna

Dunque, ci siamo, il 20 e il 21 settembre prossimi a Forlì all’Associazione Aurora in corso Garibaldi 80 è annunciata una due giorni, fitta fitta, con importanti ospiti di caratura nazionale e locale, invitati a discutere di cultura, attualità ed economia; tutto questo pochi giorni prima della scadenza per la presentazione della candidatura di Forlì a capitale italiana della cultura 2028. Molto apprezzabile la partecipazione di Stefano Zecchi, Francesco Borgonovo e Antonio Di Bella, intellettuali di spessore e valore, anche a me noti perché lettore di loro interessanti, pregevoli, pure coraggiosi saggi: mi dispiace tanto che la manifestazione non veda, invece, la presenza di Paolo Del Debbio, filosofo, giornalista e scrittore che, sulle tematiche culturali, soprattutto sul rapporto tra etica e politica, avrebbe sicuramente recato un contributo significativo.

Peccato che tanto valore intellettuale sia stato, però, associato alla partecipazione pleonastica, superflua, perlopiù destinata a far numero, al massimo lo spessore di una zeppa sotto il piede di un mobile, di personaggi come Bobo Craxi, soltanto erede di gloria paterna che aiuta a campare, o come Hoara Borselli, ex modella, attrice e protagonista di talent show, ora riciclatasi giornalista per chi di bocca buona, infine di quanti indicati vagamente come “tanti altri”, vattelapesca chi. Peccato confondere l’oro con l’ottone! Scarsamente originale, direi poi, il titolo “Identità, Cultura, Futuro” attribuito alla due giorni forlivese nell’ambito, fra l’altro, della prima edizione della manifestazione, con altrettanta scarsa originalità denominata “Festival forlivese della Liberta”, quasi richiamo di trascorsi slogan berlusconiani e palese pendant con il Festival di Caterina Sforza, a conferma quanto, ormai, a Forlì si affermi sempre più un format festivaliero, gestionale della cultura.

Ancora di più scarsa originalità, perché evidentemente minimo lo spirito creativo degli organizzatori, nel fatto che la prima edizione del Festival forlivese della Libertà appaia nei suoi intenti solo fotocopia del Festival Malatestiano della Libertà di Cesena, anche se non poteva essere diversamente, visto che la città sulle rive del Savio, pur se con amministrazione di diverso colore politico, è impegnata con Forlì e l’attuale Caporetto dispersiva del patrimonio culturale forlivese a condividere l’aspirazione a capitale italiana della cultura 2028. Aspirazione che nel caso di Forlì risulta inconsistente, pretestuosa e solamente distrattiva da una situazione difficile della cultura forlivese, ormai sulla via di una banlieue, di una periferia, non certo di una capitale.

Infine, Francesco Giubilei, uno dei promotori di questo pretenzioso Festival forlivese della Libertà, addirittura messianicamente ha dichiarato che “si tratta di un’iniziativa che vuole portare a Forlì dibattiti, presentazione di libri, momenti di confronto in nome della libertà di parola e di espressione che troppo spesso viene messa in discussione e in nome del pluralismo che dovrebbe caratterizzare la cultura, ma che non sempre trova spazio in Romagna”.

Subito supportato il nostro Giubilei da un altro promotore, Renzo Casadei, editore di Carta Canta, con la precisazione che “abbiamo scelto di organizzare l’iniziativa all’ex Circolo della Scranna, ora Aurora, per coinvolgere realtà culturali variegate e attive del territorio”. Bastano davvero i neppure 100 posti a sedere della Sala Aurora dell’omonimo circolo forlivese a contenere tanta dichiarata varietà culturale cittadina? Il progetto è ambizioso, ideale la sua location in un “salotto buono” della nostra Forlì, veramente giusto per accogliere la solita compagnia ristretta alla “Io, Poldo e Baffino”.

Franco D’Emilio

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