La rassegna “Spazi d’organo” volge al termine con un concerto affidato a uno dei più autorevoli interpreti italiani del repertorio organistico, Marco Ruggeri, docente di organo e musica liturgica al Conservatorio di Darfo-Brescia, coordinatore di redazione della rivista “L’Organo” e apprezzato concertista sulla scena internazionale (immagine di repertorio).
L’appuntamento conclusivo della rassegna autunnale promossa da Forlì Antiqua si terrà giovedì 20 novembre alle ore 20,30 nella Chiesa di Sant’Antonio Abate in Ravaldino, dove il maestro Marco Ruggeri farà risuonare l’organo costruito da Alessio Verati a metà Ottocento. Il programma, che comprende musiche di Alessandro e Domenico Scarlatti, Johann Sebastian Bach, Georg Böhm, Franz Joseph Haydn, Baldassarre Galuppi e Giovanni Morandi, è pensato per mettere in luce le molte anime dell’organo, capace di muoversi con naturalezza tanto nel contesto liturgico quanto in quello del puro concertismo.
Con questo concerto si chiude un percorso che, durante l’autunno, ha accompagnato il pubblico alla scoperta di altri strumenti storici della città oltre ai preziosi organi di Gaetano Callido, già valorizzati dalla rassegna primaverile “Organi Callido a Forlì”. Il progetto ha voluto raccontare il patrimonio organario cittadino attraverso un intreccio di repertori, strumenti e linguaggi artistici, proponendo un dialogo fra tradizione e creatività che ha coinvolto, oltre agli organi di volta in volta protagonisti, il violino, il clavicembalo e persino le arti visive contemporanee.
Oltre all’organo Verati della chiesa di Ravaldino, hanno trovato spazio l’organo Chianei/Callido della Ss. Trinità e l’organo Angelo Fabbri della Chiesa del Carmine. A quest’ultimo strumento, oggi solo parzialmente utilizzabile, è destinata l’offerta libera raccolta nel corso dell’intera rassegna. Realizzata nell’ambito della convenzione triennale con il Comune di Forlì, con il patrocinio e la collaborazione della Diocesi di Forlì-Bertinoro e con il sostegno della BCC di Forlì-San Varano, la rassegna si propone non solo come un’esperienza artistica, ma anche come un invito alla cura e alla responsabilità condivisa verso un patrimonio che appartiene alla comunità.