De Pascale a vanvera sulla sanità emiliano-romagnola

Ospedale Morgagni-Pierantoni Forlì

Amaramente mi viene da sorridere. Con Stefano Bonaccini, suo trascorso governatore, la regione Emilia-Romagna vantava l’orgoglio di garantire la propria sanità a tanti cittadini, provenienti da regioni con poca efficienza dei propri servizi sanitari; adesso, invece, con Michele De Pascale, scialbo, ma inevitabile successore piddino alla medesima carica, la stessa regione dichiara di non poter più sostenere il peso di quanti da tutta Italia ricorrono alle cure sanitarie emiliano-romagnole. Il mito della buona sanità nella rossa Emilia-Romagna ha fatto flop, si è sgonfiato al pari di un soufflè ad opera di un cuoco inesperto.

Prima “sboroni” e di braccino lungo, adesso arrendevoli, disarmati e di braccino corto. Eppure il sistema sanitario è nazionale ed ogni cittadino italiano è libero di muoversi su tutto il territorio nazionale, usufruendo, ovunque e alla bisogna, di quanto utile alla sua salute. Adesso, l’Emilia-Romagna di De Pascale mette miseramente le mani avanti con la possibilità di una sorta di chiusura delle sue frontiere e, soprattutto, della sua sanità a chiunque non residente emiliano-romagnolo. Che delusione! Dal consueto solidarismo nazionale della sinistra all’egoismo discriminatorio e razzista di stampo leghista il passo è breve, ma in tale caso brevissimo perché tutto in casa piddina!

A questo punto che pensare? Che sia stata una panzana l’efficienza sanitaria dell’Emilia-Romagna, addirittura compensativa dei limiti delle altre regioni? Oppure si addebitano, adesso, a cittadini extra regione le colpe del dissesto incalzante della sanità emiliano-romagnola per una gestione maldestra, spesso opaca, anche minata da favoritismi politici locali, da protagonismi manageriali? Facile dare la colpa a chi fuori dalla nostra casa regionale! Deplorevole che il governatore De Pascale abbia messo la faccia, tosta è dir poco, all’idea che l’Emilia-Romagna possa un giorno chiudere i rubinetti della sua sanità ai cittadini di altre regioni, a questo punto ridotti al ruolo insolito di indesiderati “immigrati interni”.

Al contrario, il governatore De Pascale, parolaio a vanvera, si adoperi con tutti i presidenti di regione presso il governo per una migliore, efficace distribuzione della spesa sanitaria, anche individuando sperperi, sovrapposizioni e doppioni di servizi, presenti in tante ASL, non escluse quelle dell’Emilia-Romagna. Molte cose non funzionano, pure all’inverso: io cittadino forlivese devo alla fortuna di avere un domicilio a Roma se, a brevissimo termine, sono riuscito ad avere nel Lazio, presso ospedali della capitale (Policlinico Gemelli, Ospedale Israelitico, ASL Roma4 e altri), quelle visite specialistiche, quegli esami strumentali, utili al mio consueto check up biennale, che a Forlì avrebbero richiesto un’attesa maggiore, persino a pagamento. Dunque, dovrei farmi adottare dalla regione Lazio oppure considerarmi un immigrato sanitario sulle rive del Tevere? Prima di parlare vanamente, consiglio al presidente De Pascale di ricordarsi e far tesoro del saggio proverbio “Il mondo è tondo, c’è chi nuota e chi va a fondo”: ecco, cerchi di non affondare nella pochezza.

Franco D’Emilio

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