La scorsa settimana per alcuni giorni sono tornato a Forlì, dovendo provvedere ad alcuni impegni personali, ed è stata pure la preziosa occasione per ritrovare, vivere gli affetti familiari e per rinnovare antiche, solide amicizie. Questa mia sorta di “Torna a casa Lassie” è, comunque, spesso ricorrente anche per la volontà di riscoprire, verificare quanto la mia identità personale si riconosca, coincida ancora con Forlì, città che da tempo, quest’anno, ormai, sono quarant’anni tondi tondi, mi ha accolto con cordiale e piena accoglienza.
Dunque, per diversi giorni ho attraversato in lungo e in largo, a piedi e in auto la mia adottiva Forlì, ho frequentato, ascoltato tanti amici e conoscenti, curioso di capire se e quanto siano ancora fondate le numerose, persistenti voci di un evidente declino della città. Alla fine, la mia amara conclusione è che l’odierna Forlì sia solo un triste “deserto dei tartari”, una comunità smarrita tra la stessa vana attesa e la stessa perdita di tempo, narrate dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati: come in quella storia il sottotenente Giovanni Drogo e i soldati della Fortezza Bastiani perdevano solo tempo nella vana attesa di un attacco dei Tartari, che desse senso e fine alla loro ricerca di gloria, così l’attuale Forlì perde tempo nel vano inseguimento di un proprio futuro, in verità scarsamente o per nulla fondato.
Pochi giorni fa ho verificato quanto Forlì langua, decada costantemente e inarrestabilmente sul filo di quel declino, iniziato almeno vent’anni fa, attorno al 2005, sotto l’ininterrotto governo locale della sinistra e oggi, da quasi sette anni, confermatosi e aggravatosi sotto due giunte di centrodestra, l’ultima delle quali veramente patetica, fragile e litigiosa, oltre che gaffeur e bluffeur ovvero pasticciona e incline al bluff, alle bufale. Con l’aggravante per il centrodestra forlivese di aver rivelato e bruciato nei suoi sette anni di governo la stessa dabbenaggine amministrativa, cumulata dalla sinistra negli oltre settant’anni alla guida del Comune di Forlì.
La Forlì di questi tempi giace stanca, opaca e mesta in una situazione paradossale, quasi kafkiana per la sua assurdità: cerca, insegue un possibile futuro senza premesse perché ignora, lascia irrisolti i limiti, le difficoltà del presente, proprio di quel presente nel quale solitamente si collocano i presupposti stessi dell’evoluzione a venire di ogni realtà. Esempio eclatante a sostegno di tale condizione la pretesa di progettare la città futura senza aver risolto, anche solamente in minima parte, la desertificazione sociale, economica e, perché no, politica del centro storico forlivese. E se, al riguardo, taluno spara, poi, l’insensata proposta di riportare le auto in piazza Saffi, allora siamo davvero alla frutta con la capacità d’intendere e volere, così essenziale pure per l’elaborazione politica.
Altro esempio eloquente la faccia tosta di candidare Forlì a capitale italiana della cultura 2028 dopo averne disperso gran parte del patrimonio culturale in una sorta di deleterio, vandalico spezzatino e avere oltremodo trascurato l’identità cittadina con eventi, mostre e manifestazioni, perlopiù lontane dalla promozione e valorizzazione della storia, della tradizione culturale del nostro territorio: è la logica della gestione culturale solo bottegaia dell’attuale giunta di centrodestra, spesso nella palese, delirante confusione tra cultura e attività ludiche o d’intrattenimento o di spettacolo. Dall’assessore alla cultura, ora in carica, solo tanta, profusa banalità culturale, neppure sufficiente a dare senso compiuto a qualche suo post sui social.
Ho fatto ripetutamente e in orari diversi un giro nelle due maggiori librerie cittadine: anche lì un “deserto dei tartari”; ho cercato la presenza, la vivacità, il contributo della realtà universitaria forlivese: nessun segno, nessun riverbero sociale e culturale, al punto da chiedersi perché a Forlì gli studenti universitari spuntino solo in occasione di manifestazioni pro-Pal! In alcuni uffici pubblici ho rilevato incuria, persino sporcizia, poca attenzione alla dignità del forlivese-utente; sorvolo sulla carente manutenzione di qualche parco urbano e sulla scarsa presenza deterrente della polizia locale.
Nel parcheggio tra San Mercuriale e il Tribunale ho visto un’auto controsenso bruciare in velocità l’utilitaria di una signora, prossima a parcheggiare: ne è sceso un giovane di colore con l’affronto di fare il dito medio alla malcapitata, infine dirigendosi spavaldo a bivaccare sugli scalini dell’abbazia con altri suoi simili, naturalmente omettendo di pagare la sosta. La sera, dietro il mercato coperto di piazza Cavour, poco distante dalla movida forlivese, spaccio a gogò con corrieri, vigili sentinelle e celeri fattorini.
Credo che la Forlì di questo tempo tanto difficile contraddica appieno il detto dell’antico filosofo che “tutto scorre, panta rhei”, quindi non ci si possa bagnare due volte nella stessa acqua. I forlivesi del momento hanno, infatti, proprio la ventura di essere costretti a bagnarsi nella stessa acqua, quella stagnante di tante promesse e pochi fatti, quella paludosa di scarso realismo e tanta distrazione dai problemi, dalla verità: urge realizzare quanto prima una provvidenziale bonifica.
Franco D’Emilio