È notizia di queste settimane il ritorno, dopo oltre 20 anni, del Partito Repubblicano Italiano sulla scheda elettorale alle elezioni politiche del 4 marzo. Allo storico simbolo dell’edera è stata aggiunta Ala di Denis Verdini, la componente (l’accozzaglia?) parlamentare fuoriuscita da Forza Italia per sostenere il Pd nella legislatura appena conclusa. Fusione che permette al PRI di poter partecipare alle prossime elezioni, senza la necessità di raccogliere le firme e questo non è un dettaglio da poco. Il nuovo segretario del partito Corrado de Rinaldis Saponaro afferma che Verdini non sarà però candidato anche se “Denis” lo fu in passato. Diventa infatti esponente del Partito Repubblicano di Spadolini nella “Prima Repubblica” in occasione delle politiche del 1992 ma non viene eletto.
Ci riprova nel 1994 quando i repubblicani scelsero di collocarsi al centro nella coalizione del Patto per l’Italia di Mariotto Segni e Mino Martinazzoli e ironia della sorte, per la quota maggioritaria decisero di candidare nomi nuovi ed estranei alle vicende giudiziarie (Denis Verdini, Giannantonio Mingozzi, Piero Gallina, Mauro Fantini). Ma anche quella volta, per Denis i consensi furono insufficienti. Ma veniamo alle ragioni di questo assemblaggio politico “pane nutella e cipolla”. Il segretario Saponaro definisce la fusione tra il PRI e ALA un “accordo tecnico” che tradotto significa: io ALA ti concedo la possibilità di partecipare alle elezioni aggirando l’obbligo di raccogliere qualche migliaio di firme, difficoltà considerata dai repubblicani insormontabile, in cambio il PRI ci concede qualche poltrona. Programmi? Affinità politiche? Principi? Assolutamente marginali, non è per quelli che ci si allea.
Non è un segreto per nessuno quanto sia sempre stata malleabile l’Edera nel “allearsi purchessia”; nel corso della storia politica si è coalizzata con tutto ed il suo contrario (Patto per l’Italia 1994 – L’Ulivo 1996-2001 – Casa delle Libertà 2001-2006 – Centro 2008-2011). Ovvio dunque che gli scarsi risultati elettorali degli ultimi 20 anni siano il frutto di scelte e posizioni politiche confuse e a volte demenziali, tali da rendere impossibile pure la raccolta di qualche migliaio di firme per partecipare alle imminenti elezioni politiche. Il minestrone politico servito dai Repubblicani agli elettori, da tangentopoli ad oggi, ha inevitabilmente liquefatto definitivamente il proprio consenso elettorale.
Un partito a caccia di un piatto di minestra che alle elezioni politiche ed a quelle europee del 1994, ottenne percentuali da “zero virgola” o, per fare invece un esempio recente, alle politiche del 2013, sia per camera che senato uno 0,02%, è un partito morto. Sepolto elettoralmente dalle sue scelte, il PRI è in continua ricerca di un passaggio da chicchessia, una sorta di “car sharing politico”, ma col carro funebre. La prossima volta però senza ricorrere all’autostoppismo politico, una scappatoia percorribile ci sarebbe dato che il PRI potrebbe, dopo decenni, risollevarsi e raccogliere almeno 4 milioni di voti. Come? Sostituendo la foglia d’edera con quella della canapa, così da garantirsi i consensi psicotropi di quel numero di consumatori di cannabis, stimati in Italia, che lo voterebbero per sbaglio.