Mezzacalza è davvero un termine “tranchant”, implacabile nel suo giudizio su una persona di mediocri capacità, infatti non ammette alcuna possibilità di replica alla sua critica, fondata sulla verifica oggettiva della scarsa affidabilità umana e morale, delle minime doti intellettuali della vittima, degna di tanto epiteto.
In politica l’attività delle mezzecalze è ancora più dannosa perché spesso condiziona o rischia di compromettere quella giusta legislazione, sia nazionale che regionale, fondamentale per indirizzare la vita amministrativa, economica e sociale della nazione: la mezzacalza politica è solo scaltra nel falsificare la sua pochezza, contrabbandandola per ricchezza personale a disposizione, anzi no, al servizio della comunità!
In realtà, poi, questa falsificazione non risulta neppure difficile poiché trova ampio spazio nella povertà culturale del nostro tempo dove il tatticismo politico prevale sul sapere politico, dove lo schematismo, approssimativo e dozzinale, acquisito dalla rete, semplifica ai minimi termini ogni progetto di accorta, valida elaborazione economica e sociale: la conseguente mancanza di programmi politici ed elettorali affidabili non richiede, quindi, affatto la necessità di rappresentanti politici, degni di affidamento.
Quando in tutti i campi si concepisce e si riduce il sapere alla sola acquisizione progressiva di titoli di studio da utilizzare strumentalmente per una propria identità di rilievo, di prestigio, allontanandosi, così, dalla conoscenza più riflessiva e progettuale, ebbene allora paginette curricolari, scarne e di piatta mediocrità, sostituiscono, scalzano estesi curricula di valore, oggi solo auspicati a parole, ma sempre ignorati nei fatti.
Eppure, abbiamo bisogno evidente di competenze certe e non di avventurismo da saltimbanchi, come ci ha dimostrato e dimostra soprattutto la fallimentare presenza del Movimento 5 Stelle!
L’Italia ha necessità di valide competenze, sia generali che specifiche, le prime che siano di vasto e aggiornato respiro culturale, umano ed etico, le seconde che siano, invece, sempre più attinenti, rispondenti alle diverse branche della politica tra economia e lavoro, società ed educazione, diritti e giustizia.
E le competenze sono tali solo se risultanti dalla contemporaneità di sapere ed esperienza, quest’ultima intesa sia come autonoma perizia professionale, lavorativa sia come capacità personale, partecipativa della vita della comunità.
Più che mai adesso, alle prossime elezioni regionali dell’Emilia Romagna dobbiamo preoccuparci che anche sul territorio forlivese tutti i partiti scelgano candidati competenti, preparati, dunque credibili, davvero interpreti dei cittadini della Romagna forlivese: aver fatto appena sufficientemente e tanto tristemente il sindaco o altrettanto senza gloria e senza infamia essere stato assessore comunale allo sport oppure dichiararsi ancora disponibile alla propria riconferma di consigliere regionale opaco e muto non può più costituire il legittimo viatico verso il nuovo Consiglio regionale dell’Emilia Romagna.
Da destra a sinistra si scelgano candidati forlivesi che autonomamente abbiano dato o diano valore al lavoro, che abbiano rivelato attenzione al sociale, insomma siano capaci di intendere bene il rapporto tra la storia individuale di ogni famiglia e la comunità tutta.
Tutti i partiti non gettino via questa occasione: basta con candidati scelti dalle segreterie sulla base spesso di indicazioni esterne, nazionali o regionali, magari candidati sempre e soltanto campati a spese del partito, mai una reale, propria, autonoma esperienza lavorativa.
In questi giorni è già partita, pure nel forlivese, la corsa alle candidature con il rischio di ritrovarci tra gli zebedei le solite facce, non esclusa qualche pimpante “bionda coscialunga” senza impiego, qualche aspirante sindaco trombato o qualche prima cittadina di paese con un’esperienza municipale tutta in frantumi, neppure ricomponibile in un mosaico “trencadis”. Si scelgano uomini e donne giusti, basta con le mezzecalze!
Franco D’Emilio