Da una decina di giorni è in corso una campagna di scavo archeologico condotta dall’Università di Parma con una equipe composta da studenti e archeologi sotto la direzione del professor Riccardo Villicich affiancato dalla professoressa Alessia Morigi che ne condivide la responsabilità scientifica. Il progetto di ricerca è frutto della collaborazione tra Università, comune di Predappio e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini.
Già all’inizio degli anni 60 del secolo scorso nel corso di due campagne di scavo nell’area di Fiumana furono riportate alla luce parti produttive di una villa urbano-rustica del periodo augusteo e, più a sud di questo ritrovamento, un edificio quadrilobato. Invece, nel 1956, nel corso di lavori agricoli, fu ritrovata una base di statua in bronzo trasferita a Forlì al museo archeologico cittadino ormai da tempo chiuso al pubblico.
Il bilancio di questi giorni di scavo è sicuramente molto interessante perché l’ampia area sulla quale stanno lavorando gli archeologi, circa 1500 metri quadri, segnala una grande quantità di strutture dell’epoca romana. “Siamo in presenza di una vasta architettura – conferma il professor Villicich direttore dello scavo – sicuramente si tratta di un edificio di grande prestigio e cioè una grande villa a padiglioni databile in età tardo antica, probabilmente fra il IV e il V secolo”.
Che fosse una dimora di grande imponenza e lusso lo testimoniano i frammenti di marmi ritrovati, sia pavimentali che parietali, la notevole quantità di vetri da finestra e i numerosi tubuli di terracotta che venivano impiegati per sorreggere le volte delle cupole che dovevano evidentemente essere presenti a copertura di ambienti della villa. “Ovviamente dobbiamo domandarci quale connessione ci possa essere tra la struttura di età augustea e quella del IV-V secolo – precisa Villicich -. Una ragionevole risposta potrebbe essere che quella tardo antica abbia sostituito quella del periodo di Augusto”.
Oltre alle murature degli edifici, con tratti absidati, che testimoniano però che la struttura fu oggetto di spoliazioni con le quali si asportarono una gran quantità di marmi e mattoni, è stata trovata molta ceramica anche di produzione africana databile anch’essa al IV secolo d.C. Per ora niente mosaici. Alla campagna che riprenderà il prossimo anno il compito di continuare a svelare l’aspetto di questa grande e monumentale villa che sicuramente doveva essere un fulcro importante della vita di questa parte di Appennino e, forse, non solo di essa.
Paolo Poponessi