È appena finita su La7 la prima puntata di “Una giornata particolare”, un nuovo format televisivo, affidato alla cura del giornalista Aldo Cazzullo, firma del Corriere della Sera, con la finalità di svolgere la cronaca di un giorno determinante della nostra storia nazionale.
Stasera, puntata d’esordio dedicata alla Marcia su Roma, quindi a quel 28 ottobre 1922, del quale tra poco più di un mese ricorrerà il centenario, che tanto ha significato e pesato nella storia della prima metà del ‘900 italiano e mondiale.
Certamente, partenza al fulmicotone, di sicuro inserita ad hoc nel palinsesto de La7, considerata l’imminenza delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 per le quali la sinistra italiana spende la sua asmatica proposta politica sul filo dello sbadiglievole allarme che con l’affermazione del centrodestra, a trazione di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, possa resuscitarsi un pericolo fascista.
Ohibò, tira aria di manganello ed olio di ricino per l’establishment della sinistra che spudoratamente ancora conciona di lavoro, classe operaia e diritti civili negli agi salottieri dei Parioli o del Foro Bonaparte!
Ma torniamo a Cazzullo e alle “cazzullate” della sua modalità parziale, faziosa di raccontare la storia, ancora di più la giornata particolare della Marcia su Roma.
Cazzullo è partito da un principio, un assioma, dato per scontato, quindi innegabile e indiscutibile da parte dello spettatore: la Marcia su Roma è stato un atto di sovversione delinquenziale ad opera del capobanda Mussolini, uomo sanguinario, violento nel perseguire il suo progetto politico e soddisfare la sua sete di potere. E questo assioma, quasi per una proprietà transitiva dal capo ai suoi seguaci, si estende a tutto il Fascismo, dai quadrumviri alle semplici camicie nere, perché la finalità è una sola: rappresentare la Marcia su Roma come una giornata particolare del male assoluto contro la democrazia, le lotte operaie.
Questo assioma ha consentito così a Cazzullo di sorvolare volutamente su aspetti che sono antefatti fondamentali dell’ascesi politica del Fascismo, quindi il racconto del giornalista di via Solferino risulta alla fine storicamente omertoso, quasi suscitando l’idea di un silenzio prezzolato per soddisfare un attuale, chiaro intento aprioristico di antifascismo ad ogni costo.
Stasera, Cazzullo ha taciuto sulla grave situazione sociale, politica ed economica del primo dopoguerra, volgendo, ad esempio, lo sguardo lontano dalle file del pane calmierato a Milano, Torino e Genova; ha ignorato la richiesta di tanta società italiana che alla fine del conflitto mondiale reclamava la fine della conflittualità sociale, quale condizione essenziale per il ritorno della produzione industriale dalla fase bellica a quella civile; ha lasciato precipitare in un vuoto di memoria il Congresso Nazionale del Partito Socialista a Bologna nel 1919 con la scelta di aderire all’Internazionale Comunista, quindi scegliere la via della dittatura del proletariato, cosa certo non negli auspici della borghesia, del ceto agrario e del mondo contadino.
Ancora, Cazzullo ha finto di non sapere nulla del confronto aspro, duro, spesso sanguinoso tra un “biennio rosso” e un “biennio nero”, tra loro concorrenti, pure in termini di violenza; ha sorvolato sulle aggressioni, sulle bastonature, inflitte dalle “leghe rosse”, ad esempio, nelle campagne della bassa Lombardia mantovana e cremonese o nelle maggiori aree industriali del nord: eppure gli Archivi di Stato, custodi di carte delle Prefetture, straboccano di documenti a tal proposito.
In modo imbarazzante ha glissato sul tema di quanti furono burattinai e complici di Mussolini nel compimento della Marcia su Roma, tanto per fare qualche nome: gli industriali Camillo Olivetti e Giovanni Agnelli; il presidente di Confagricoltura Giuseppe De Capitani d’Arzago; il giornalista Luigi Albertini, celebrata firma del Corriere della Sera; in chiusura, Papa Pio XI, interessato a Mussolini quale uomo della Provvidenza al governo per salvare il cattolico Banco di Roma da un abissale crack finanziario. Nemmeno un cenno ai primi risultati post marcia del nuovo governo Mussolini, penso alla giornata lavorativa di otto ore, alla riforma Gentile della scuola, al piano di riduzione del debito pubblico dal 12,1% del Pil nel 1922 all’1,3% nel 1926. Infine, mi ha colpito come della Marcia su Roma siano stati trattati solo sommariamente i due simultanei piani, quello dell’insurrezione e l’altro della trattativa politica sotterranea; davvero una sveltina, poi, il rapporto tra l’impresa dannunziana di Fiume e la successiva presa fascista della capitale. Mi duole, inoltre, che, fuori dall’evidenza di documenti storici disponibili, si sia continuato a dire del ritorno a Milano di Mussolini per garantirsi un’agevole fuga in Svizzera in caso di fallimento della marcia.
Ancora, la giornata particolare di Cazzullo è stata premurosa nel soddisfare l’immagine di Benito, sciupafemmine tra la moglie e Margherita Sarfatti, sino a farsi regalare da quest’ultima una costosa automobile.
Il racconto cazzulliano è risultato, comunque, infarcito di tanta amena aneddotica ovvero tanti fatterelli, storielle, pure facezie col solo risultato di colorire uno svolgimento noioso: così ci ha deliziato il complesso della bassa statura del nostro re “sciaboletta”, l’abilità della regina Elena nella marmellata di ortiche, un’inutile disgressione, poco pertinente, circa l’architettura milanese del primo ‘900.
Insomma, questa giornata particolare sulla Marcia su Roma si è rivelata solo un modesto, trito cazzeggio storico, molto al di sotto delle aspettative e davvero poca cosa per onorare nel titolo l’omonimo film di Ettore Scola con la magistrale interpretazione di Sofia Loren e Marcello Mastroianni.
Franco D’Emilio