Un flop, un evidente fiasco ieri, domenica 30 aprile, a Predappio la solita manifestazione, nostalgica e no, a memoria della morte di Mussolini, quest’anno al 78° anniversario.
Generosamente, qualche cronaca locale riferisce appena di un centinaio di partecipanti, dunque una “centuria”, così per giusta rievocazione del Ventennio, invece un giovane amico, immancabilmente presente ogni anno, mi ha telefonato deluso di poco più di 60 persone presenti, due striminziti “manipoli” di trascorsa gloria, nulla di più.
È proprio vero, chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia, ma non quel che trova, saggezza proverbiale che ieri a Predappio ha confermato quanto incauto, maldestro sia stato al suo esordio il “cambio di gestione”, tanto diversamente motivato e finalizzato, anche sul piano di interessi organizzativi e di auspici di taluno organizzatore, ormai risoluto ad un proprio ruolo monopolistico dei luoghi, degli eventi mussoliniani tra Predappio e Forlì.
La nuova lobby gestionale, sempre più lontane discendenti, unitamente ad una figura fiduciaria locale, ha ieri clamorosamente fallito, mai così deserta la commemorazione del Duce.
“Il piatto piange” per sottolineare la scarsità di soldi in palio è solitamente espressione tipica del gioco del poker, ma pure il titolo di un celebre romanzo di Piero Chiara su un gruppo di amici, incalliti giocatori a carte durante il Ventennio, ma da ieri è anche la conclusione di tanti commercianti predappiesi, amareggiati che tanto esiguo concorso al corteo per Benito abbia penalizzato i loro bar, ristoranti e bazar di souvenir storici: incassi ordinari, nulla di che, molto lontani dai guadagni di solito assicurati dalla straordinarietà celebrativa della scomparsa dell’Uomo della Provvidenza. Stamani, mi è bastato un caffè predappiese per raccogliere le prime recriminazioni, lamentele od espliciti inviti perché certi responsabili si rechino là donde mai ci si augura l’altrui ritorno.
Ieri, a Predappio si è trascurato o, addirittura, ignorato il valore estrinseco della economicità della cultura, della storia, dei luoghi natii mussoliniani, valore che ha sempre beneficiato in passato e deve tornare a beneficiare la piccola economia del capoluogo della Valle del Rabbi. Ieri, a Predappio il nuovo corso gestionale delle celebrazioni per Benito ha dato con la sua dabbenaggine un calcio alla redditività economica di ogni visitatore del paese. Aggiungo che, pure, l’altro valore, quello della culturalità, intrinseco ad ogni bene, luogo storico, è stato ampiamente disatteso: chi intende partecipare ad un evento anche con la ritualità di gesti, contenuti espressivi, scritti o verbali, tutti legittimi quale espressione della propria libertà di pensiero (comma 1° art. 21 Costituzione Italiana), non può sentirsi accolto da limiti, restrizioni, precetti, quasi guardato a vista da chi più con funzioni di badante che non di accogliente ospite.
Ieri, a Predappio discendenti mussoliniani e la loro figura fiduciaria sono riusciti in un’impresa, davvero impensabile fine a qualche tempo fa: sostituire al tanto disprezzato, ma redditivo popolo dei nostalgici in camicia nera l’odierno rammarico di tanti predappiesi dell’indotto storico, ora nostalgici di trascorsi guadagni. Saranno contenti di tanto misero risultato quanti da sempre gufano contro la prevalente valorizzazione storica e culturale della memoria fascista di Predappio, trincerandosi nella mediocrità di pavide iniziative equivoche, magari una partita a bocce rosse a Fiumana. Il fiasco di ieri a Predappio per la ricorrenza della morte di Benito è la conseguenza di una politica culturale ispirata al nanismo propositivo di quisquiglie e pinzillacchere, quindi, perlopiù, focomelica di proposte più ampie, esplicite, quanto appunto richiede il turista, il visitatore, anche solo il curioso di storia e non storielline.
S’illude chi pensa che Predappio possa economicamente giovarsi già solo della sua attrattiva enogastronomica e naturalistica: per carità, chapeau, ma non basta, tutta la Romagna è meta ideale per tali finalità, spesso anche con tradizioni e bellezze del territorio di gran lunga superiori. Per gestire la memoria storica non è sufficiente l’accredito di una discendenza di sangue o di una piena fiducia accordata a taluno, ci vuole realismo, avvedutezza, senso dell’opportunità: ieri tutto questo è mancato, davvero un indimenticabile fiasco. Grazie solo alla tenace, irriducibile centuria.
Franco D’Emilio