Non so se a tutt’oggi Francesca Pondini, dal 15 maggio nuova sindaca di Galeata, sia riuscita a prestare giuramento davanti al Consiglio comunale del suo paese, considerato che ha dovuto subito indossare il giaccone della Protezione Civile per fronteggiare l’emergenza della tragica calamità di questi giorni su tutta la Romagna. Nel caso, tuttora, non avesse assolto quest’obbligo, penso che sul piano umano, morale e civico lo abbia prestato con l’immediato suo senso di responsabilità, la sua piena consapevolezza del valore istituzionale della carica di sindaco, soprattutto con tanto lavoro, subito messo in opera al servizio di tutti i cittadini.
Neppure il tempo di rimboccarsi le maniche, tanta è stata la subitanea necessità di mettere mano alle frane, alle difficoltà delle comunicazioni stradali, all’interruzione delle forniture dell’acqua, della luce ed altri servizi indispensabili, fra l’altro senza mai dimenticare i più fragili, i meno fortunati. A testa bassa contro tanta sventura, Francesca Pondini non si è persa d’animo, presente dal primo momento, continui messaggi, informazioni d’aggiornamento e rassicurazione ai suoi cittadini, sempre con la concreta, autentica premura di vero sindaco di tutti i galeatesi. Mai è venuta meno la peculiarità del suo schietto sorriso tra le fossette delle guance, sotto occhi che sempre promettono il sole, ancora maggiormente in questi giorni tanto grigi e tetri.
Francesca Pondini è umile, dote non comune in questi tempi di tanto arrembante protagonismo personale: umile nel partire da zero, piano piano, ma in crescendo, quasi fosse un’inarrestabile, glorioso trattore Landini, le gomme sagomate ben salde a terra, in questi giorni soprattutto nel fango viscido; umile nella spontaneità dei suoi messaggi video, un foglio tra le mani per la sicurezza di non dimenticare proprio niente; umile nel suo correre ovunque, pure sino a tarda notte, mai un riferimento, anche solo accennato, alla propria fatica o ai propri sacrifici di sposa e madre; umile nello schermirsi da qualche meritato complimento a tanto suo lavoro.
Francesca Pondini non ha disatteso il contenuto, gli auspici del suo ultimo comizio elettorale, relegato dall’altrui ostilità in una via cittadina all’aperto; non sarà glamour, la cosa non credo le interessi, ma è se stessa, soave donna romagnola con la risolutezza di chi dimostra “scarpe grosse e cervello fino”! Ieri sera, pochi minuti dopo la mezzanotte, era ancora sul campo, quasi a festeggiare la riapertura di un varco stradale dopo una frana: sempre sorridente sulla visibile stanchezza. Al suo arrivo in Comune dopo l’elezione Francesca Pondini non ha trovato nulla, neanche una matita, addirittura, pare, introvabile il cellulare di servizio del municipio, poi scovato in un cestino della carta, insomma l’ostracismo dello sconfitto che non sa perdere, ingoia bile e fa dispettucci meschini.
Neppure l’istituzionale passaggio di consegne dall’ex sindaca alla nuova Prima Cittadina, ma, forse, va compreso l’imbarazzo della sconfitta nel dover riconoscere la propria minima luce dinanzi alla luminosità travolgente di una nuova, vera stella. Mai fu così smentito il proverbio “Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, non sa quel che trova”: ora Galeata, immemore della vecchia, infida via, percorre davvero una promettente nuova strada, consapevole di aver già trovato una buona, fattiva compagna di viaggio, la sua Francesca, pregi e difetti compresi di donna e sindaca, ma sempre se stessa con umiltà.
Franco D’Emilio