Tutte le mattine vado in piazza delle Erbe, per fare qualche acquisto per le necessità quotidiane. Percorsi qualche decina di metri di Via Palazzola, giungo ad un incrocio. Sulla mia destra una Via, oggi Carlo Matteucci, ieri S.Francesco, che porta nella piazza. Di fronte a me una casa, una piccola casa con un piano terra e un primo piano, dove sotto l’ultima finestra che guarda via Matteucci è murata la lapide che qui vedete. Mi chiedo sempre quante persone si saranno soffermate a leggerla. In verità io credo poche. Eppure due anni dopo la morte (1868) di questo personaggio la municipalità forlivese decise di murare questa lapide in suo ricordo e dedicargli la via. E’ chiaro che a distanza di 153 anni la memoria svanisce. Per fortuna in Forlì il suo nome è sempre presente per l’intitolazione dell’Istituto Tecnico Commerciale, oggi detto Economico.
Prima parte: la famiglia, la sua vita a Forlì, i suoi studi, fino al 1840
Per approfondire le radici familiari del nostro personaggio, leggiamo nel Registro dei matrimoni dello Stato Civile dell’anno 1806 il giorno 7 febbraio, l’ufficiale pubblico G.Ravaglia, scrive al numero 362 del registro: Il sig. Vincenzo Matteucci di professione chirurgo figlio del fu Andrea di professione trafficante e di Maria Centolani, intende contrarre matrimonio con la Sig.ra Chiara Folfi di professione possidente, figlia di Giovanni Folfi e della sig.ra Maria Mattioli. Dichiara che essa vi presta il suo pieno e libero assenso, ciò che attesta anche l’infrascritto Ufficiale pubblico. Firmato dai coniugi, dai testimoni e dall’ufficiale pubblico. Il cognome Folfi che oggi in Forlì praticamente non compare più, lo abbiamo trovato anche nella biografia di Ferrante Orselli, la cui madre era la contessa Teresa Folfi.
Da questo matrimonio nasce: l’undici luglio milleottocentosei, l’Ufficiale dello stato civile G. Palmeggiani registra la nascita di un’infante di sesso feminile nato quest’oggi alle ore cinque antimeridiane nella casa posta sulla via San Francesco, rione Schiavonia al numero 80 a cui furono imposti i nomi Maria, Giulia, Catterina, Maddalena. Il suddetto signor Vincenzo Matteucci di anni trentadue ha pure dichiarato essere figlia di sé medesimo e della signora Chiara Folfi possidente di questa Comune. Firmato il notificante e i testimoni.
Di seguito: il 21 giugno milleottocentoundici, l’Ufficiale di Stato Civile G. Palmeggiani registra al n° 651 del registro dei nati … si è presentato il signor Vincenzo Matteucci chirurgo possidente, di anni trentasette portando seco un infante di sesso mascolino, nato ieri alle ore dieci pomeridiane nella casa posta sulla via S.Francesco, Rione Schiavonia, Parrocchia del Duomo, a cui furono imposti i nomi di Carlo, Maria, Giovanni, Andrea. Il suddetto….ha pure dichiarato essere il neonato figlio di sé medesimo e della sig,ra Chiara Folfi possidente, coniugi. Firmato dal notificante e dai testimoni. (Così è scritto).
Questa la famiglia del nostro personaggio. Appare evidente che le condizioni economiche per il tempo di allora sono più che buone: possidenti e professionista. Così Carlo Matteucci comincia la sua vita scolastica frequentando il Ginnasio forlivese e nel novembre 1825, quattordicenne, è ammesso (!) per esami al secondo anno della facoltà di Filosofia e Matematica nell’Università di Bologna. Qui ebbe passione particolare per le lezioni di fisica di Francesco Orioli al quale dedicò la sua prima pubblicazione (1827) intitolata “Cenni sull’influenza dell’elettricità nella formazione delle principali meteore acquee”. Nel 1829, il 25 gennaio, si laurea in filosofia e tornato a Forlì si applica alle sue esperienze prima in casa sua poi nel laboratorio del Collegio Tartagni che gli era stato messo a disposizione dal Direttore. Ma la vita forlivese non lo soddisfa. Siamo ancora in pieno regime clericale e la scienza non è vista di buon occhio. Così sempre nel 1829 si trasferisce a Parigi abita nel Quartiere Latino e frequenta la Facoltà di Scienze, segue le lezioni di Domenico Arago ed altri rappresentanti della scienza ufficiale francese dell’epoca. Inizia in questo periodo la sua collaborazione con gli Annales de chemie et de phisique.
Nel giugno del 1830 torna a Forlì, ma non tralascia i suoi esperimenti sulla cosiddetta rana galvanoscopica con i quali intendeva cercare l’azione dell’elettricità sui vegetali e sugli animali. Nel 1834 dopo la morte del padre vende la casa dove è nato e si trasferisce a Firenze su invito di Cosimo Ridolfi e del fisico Leopoldo Nobili che sperano di trovargli una sistemazione dopo il riordinamento degli studi effettuato dal granduca Leopoldo II. Resasi vacante la cattedra di Fisica del Museo delle Scienze di Firenze per la scomparsa di Leopoldo Nobili, le aspirazioni di Matteucci per quell’incarico rimasero deluse. Ancora una volta ritorna a Forlì, ospite dell’amico Cesare Gnocchi con il quale tenta di creare un’industria chimica per la lavorazione delle ossa e fabbricare colla e concimi. Purtroppo è un fallimento. Le necessità economiche lo portano nel 1837 ad accettare l’incarico offerto dal Presidente degli Ospedali di Ravenna in quanto laureato in fisica a Bologna il 7 aprile 1828 e per di più già famoso per il suo alto valore scientifico, di Direttore della Farmacia e del Laboratorio annessi all’Ospedale di Santa Maria delle Croci con un assegno mensile di trenta scudi romani, senza parte negli utili e con la clausola di assumere il posto nei primi mesi del 1838.
Questa dilazione temporale gli permette di andare a Parigi al primo comizio del “sapere umano” e relazionare sui risultati ottenuti sul passaggio della corrente elettrica attraverso i liquidi, sull’elettricità della rana e della torpedine e sull’azione dell’elettricità sugli organismi viventi. A Parigi si ferma diverse settimane, lodato e festeggiato dai più grandi scienziati, tanto che il famoso Humboldt parla di lui in termini altamente lodevoli. Tornato a Forlì con questa serie di successi va a Ravenna ad occupare il posto di Direttore della Farmacia. A 26 anni è già un personaggio scientificamente famoso.
Seconda parte: il trasferimento in Toscana. Nasce il patriota, il soldato, il politico
Nel 1840 a 29 anni, è chiamato dal Granduca di Toscana, su raccomandazione del già menzionato Alessandro von Humboldt, per assumere l’incarico di titolare della Cattedra di Fisica nell’Università di Pisa. Inizia così un’altra pagina della sua vita, certamente più ricca di avvenimenti e di soddisfazioni personali. Abbiamo un Matteucci fisico, studioso dei fenomeni elettrici, un professore e successivamente vedremo un patriota e un politico.
L’Accademia delle scienze di Parigi gli assegna nel 1842 assieme a Longet il premio Montyon per la Fisiologia Sperimentale. Nel 1844 Leopoldo II gli conferisce per i suoi meriti scientifici il Diploma di Nobiltà della città di S.Miniato. In quell’estate in Inghilterra ha dalla Società Reale delle Scienze la medaglia Copley massima distinzione per le sue teorie sull’elettricità animale, a detta dell’Istituto una delle scoperte più importanti del tempo. Insomma un successo dietro l’altro. E così diventa sempre più famoso. Nel 1843 fonda la rivista “Il Cimento” e nel 1855 il periodico “Nuovo Cimento”. Nel 1846 si occupa degli impianti delle prime linee telegrafiche in Toscana e il Granduca lo nomina Direttore Generale.
Siamo in un momento particolarmente caldo da un punto vista politico. Non possiamo dimenticare le esperienze precedenti di Matteucci. Proveniente dalla clericale e reazionaria Romagna che aveva vissuto tragicamente i primi tentativi di insorgenza (battaglia di Rimini, di Cesena e l’eccidio di Forlì del 21/1/1832 con ben 23 morti e di cui lui fu testimone perché aveva 21 anni) e le conseguenti repressioni, e così trovandosi a vivere in un nuovo ambiente sociale e politico, trova nella liberalità del governo toscano un rifugio dai sistemi di governo certamente più oppressivi che lui aveva ben conosciuto. Così entra a far parte degli ambienti liberali nei quali porta il proprio impegno e la propria volontà di fare. Infatti organizza la costituzione del Battaglione Universitario di Toscana di cui è a capo e, volontario, parte con lo stesso per unirsi all’esercito piemontese dopo il proclama di Carlo Alberto del 23 marzo 1848 (I° guerra d’indipendenza, battaglie di Curtatone e Montanara).
Queste vicende lo portano ad intensificare il suo impegno politico e civile e assume una molteplicità di incarichi e ruoli istituzionali. Cattolico progressista con un’impronta fortemente laica nata dallo spirito del liberalismo toscano che ha nel Circolo Vieusseux, vero centro della cultura liberale toscana, e di cui lui fa parte, Matteucci si adopera per una vera trasformazione dell’Italia. Nel 1859 diventa Senatore dell’Assemblea Toscana. Si avvicina alle posizioni politiche di Cavour, tanto che viene designato dallo stesso nel 1860, fra quelli che saranno i membri del Senato del Regno d’Italia. Così il suo impegno politico si concretizza non solo con la nomina a Senatore, ma con il I° Governo Rattazzi (1862) diventa Ministro della Pubblica Istruzione. Inizia così un’intensa attività tesa a riformare profondamente l’istituzione scolastica sulla base delle esperienze degli altri paesi europei. Matteucci ha una visione decisamente centralista: lo Stato deve avere un ruolo primario nelle Università e scuole Secondarie, agli Enti locali l’organizzazione delle Elementari. Chiaramente su di lui critiche su critiche anche aspre, nove mesi difficili.
Lasciato il Ministero alla caduta del Governo Rattazzi, conserva molteplici attività pubbliche: Ispettore generale dei Telegrafi, Sovraintendente alle Stazioni meteo italiane, Vicepresidente del Consiglio Superiore dell’Istruzione Pubblica, Presidente della Società poi Accademia italiana delle Scienze detta dei XL. Poi chiaramente continua con assiduità a coltivare la sua passione per l’elettricità. Uno dei suoi ultimi corsi all’Università di Pisa è intitolato: “Sui fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi”.
Nel giugno 1868 diventa titolare della Cattedra di Fisica nell’Università di Firenze .
Una vita intensissima che chiaramente lascia il segno nella sua salute. Tanto che i medici, quanto gli amici lo persuadono a ritirarsi per un poco per dare riposo e sollievo al suo corpo. Così gli stessi gli procurano una villa sulla spiaggia dell’Ardenza presso Livorno dove vi si trasferisce all’inizio di giugno. Tutto sembra andare per il meglio, infatti recuperate le forze decide di tornare alle sue ricerche, così con il suo galvanometro “piantò bottega” e ordinata ai pescatori una torpedine rimane in sua attesa. Inutilmente perché prima che arrivasse il “magico pesce”, che lo aveva affascinato fin da fanciullo nel mare di Cervia e Cesenatico, il 24 giugno 1868 muore all’età di cinquantasette anni.
I suoi funerali accolgono tutti i personaggi più famosi di allora. La sua volontà testamentaria vuole un funerale senza pompa e che il suo corpo venga sepolto nel cimitero di Pisa. La città però gli offre solenni onoranze. In occasione della sepoltura, il Sindaco di Forlì Alessandro Mazzoni, pronuncia un elevato discorso celebrando lo scienziato e la città di Pisa.
Terza parte: La vita privata
In questo caso non abbiamo molto da dire. La sua vita privata penso che rimanesse ai margini dei suoi interessi tanto erano complessi ed importanti. Il fatto più significativo è che nel nel 1845 conosce a Pisa Robinia Elizabeth Young nata in Scozia , figlia adottata da Maria Aucrum vedova di Robert Young. Il 7 settembre 1846 i due si sposano. Un matrimonio che dura 22 anni. Lei era nata nel 1809 e Carlo nel 1811. Al momento del matrimonio lei ha 36 anni, Carlo 34. Nel Cimitero Inglese di Firenze è sepolta la madre si Robinia, Maria Ancrum o Aucrum , deceduta il 27 settembre 1867. Su questa tomba fra l’altro si dice: alla sua cara memoria consacrarono questa pietra Carlo e Robinia Matteucci.
Si dice che Robinia sia vissuta anche a Forlì che le conferì la cittadinanza onoraria. (di questo non ho trovato conferma). Dopo Forlì visse a Pisa e Firenze, dove morì nel gennaio 1897 all’età di 88 anni. Di lei un’unica fotografia che non inserisco perché dato che il tempo non perdona è diventata evanescente. Questa foto è stata donata al Comune di Forlì da un anonimo nel 1911. Anche questa è nel Museo del risorgimento assieme agli altri ricordi di Matteucci.
Come ha ricordato Forlì questo suo famoso concittadino? Abbiamo già visto e letto dell’intitolazione di via S.Francesco a suo nome. Di lui esiste un busto in marmo di Giovanni Duprè posto in un primo momento nell’aula di fisica nel Palazzo degli Studi in occasione del centenario della nascita, così come una lapide con epigrafia di Pio Squadrani sempre datata 20 giugno 1911. Il busto di Giovanni Duprè è stato poi posto nel Museo del Risorgimento in Palazzo Gaddi assieme alla sua maschera funeraria in gesso. Esiste anche una copia del busto collocata nella sala della Biblioteca Comunale di Forlì.
PS: chi avrà la pazienza di leggermi noterà che il mio scritto non approfondisce l’aspetto scientifico del nostro personaggio. Io, ahimè, sono completamente a digiuno di studi di carattere scientifico per cui non sono stato in grado di cogliere quello che è stato il suo grande merito in questo campo. Posso solo fermare qualche punto che mi è sembrato più significativo: Volta e la pila, Galvani e le rane, le sue rane reoscopiche e la torpedine che fin da fanciullo lo appassiona e anche vicino alla morte è nei suoi pensieri. Per riassumere diciamo che Carlo Matteucci è tra i precursori dell’elettrofisiologia, ed ha il merito di aver scoperto per primo la corrente muscolare, ossia il fenomeno elettrico connesso allo sforzo muscolare.
Agostino Bernucci