Forlivesi, tutti a raccogliere legna nei fiumi

legname nei fiumi

La notizia si è diffusa rapidamente dal centro storico di Forlì alla sua periferia: finalmente, ironia della sorte, un beneficio dalla trascorsa alluvione e, perché no, un riconoscimento, un incentivo all’unico, concretamente tempestivo aiuto, quello del cosiddetto “alluvionato fai da te”, già ampiamente e meritoriamente distintosi. Sempre dietro autorizzazione della Regione Emilia-Romagna, anch’essa pari al governo in una virtuosa rapidità operativa da bradipo, i cittadini interessati potranno, solo ad uso personale e familiare, raccogliere il legname, caduto nell’alveo o trasportato in prossimità delle sponde dei fiumi Montone, Rabbi, Ronco e Bevano.

Naturalmente, anche per fruire di questa ghiotta opportunità occorrono taluni adempimenti burocratici: una comunicazione alla Regione e al proprio Comune, indicando il fiume e il tratto di questo, dove s’intende rimuovere il legname; poi qualche modulo e moduletto, sui quali possa abbattersi l’inesorabile timbro di un “posto fisso” alla Checco Zalone, appositamente preposto agli aiuti lignei alluvionali. Ah, dimenticavo, per il principio egualitario che di legna ce ne sia un po’ per tutti e non si favoriscano raccoglitori accaparratori, magari meccanizzati, la raccolta potrà essere solo manuale: pensate, a ciascuno il suo legno, quasi in un ecumenico “unicuique lignum suum”, dunque, ognuno soddisfatto della propria catastetta di legname, raccolta con tanto sudore, fatica e fastidio dell’olezzo su dagli alvei con poca acqua stagnante.

Però, vuoi mettere la duplice soddisfazione di renderti utile a pulire i fiumi dopo l’alluvione e, in cambio, roba da leccarsi le orecchie, portarti a casa un po’ di legna per il camino o la stufa oppure per lavorarci di sega in talune tediose sere invernali? Naturalmente, non stiamo a guardare il pelino nell’uovo se questa legna, bruciando, produrrà inquinamento, fumi, maligna CO2. Triplice, invece, la soddisfazione della nostra regione e dei Comuni interessati che di botto, mai accaduto sinora nel frangente post alluvione, prendono non due, ma addirittura tre piccioni con una fava, tre obiettivi contemporaneamente: manodopera gratuita per la pulizia fluviale; gratitudine dei cittadini per un sostegno finalmente tangibile; infine, seppur miseruccio, il recupero di un po’ di consenso per le istituzioni nazionali, regionali e locali, rivelatesi incapaci e lente contro l’emergenza.

Proprio vero, le grandi civiltà, le fattive sinergie nascono, si sviluppano lungo i fiumi, la Romagna alluvionata lo dimostra e il tipo da posto fisso alla Checco Zalone lo conferma col suo sigillo timbrico. Secondo me, la legna raccolta non brucerà bene, ha preso troppo acqua e farà solo fumo. Molto probabile, poi, che qualche ramo nel camino si metta a urlare “Che fai mi bruci?”: non mi stupirei, sicuramente uno dei tanti Pinocchi dell’alluvione!

Franco D’Emilio

2 commenti

  • agostino bernucci ha detto:

    Questa notizia mi colpisce perché io, da anni ho sempre sostenuto che la difesa del territorio comincia dai fossi che ho sempre visto abbandonati alle sterpaglie e quant’altro di vegetale. Mi è sempre stato detto che era proibito raccogliere qualsiasi ramo, bastone ecc. Saresti stato multato. Chi era che aveva dato questi ordini assurdi? Finalmente il buon senso e soprattutto la realtà ci hanno fatto vedere l’assurdità di queste disposizioni. Io da bambino a casa di mia nonna in quel di Secchiano Marecchia la vedevo tornare a casa, anche in agosto, con delle fascine di legna che aveva raccolto nei suoi giri. Non parliamo delle piene del Marecchia che mi sono state raccontate dai miei genitori, piene che portavano a valle tanta , tanta legna che tutti si affannavano a raccogliere. Ecco che finalmente qualcuno è tornato a ragionare in modo corretto. Complimenti, caro Franco.

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