Nonostante l’alluvione la Romagna dei balocchi

statua aurelio saffi

Nella Romagna alluvionata abbiamo appena chiuso un mese d’agosto, ricco di feste, cene, musica ed altre amenità nelle piazze, che già ci prepariamo ad un settembre non da meno, anch’esso con tanti spettacoli, gastronomia, mercatini e chi più ne ha ne aggiunga. Da quando il fango si è rappreso, ritirato dalle strade e dai volti delle vittime, dei soccorritori è stato tutto un crescendo di iniziative “tarallucci e vino”, “pane e ludi circensi”: inizialmente con la motivazione esplicita di raccogliere fondi per gli alluvionati, poi, via via, questa finalità è diventata sempre meno manifesta, quasi sottintesa o non più dichiarata.

Per tutta l’estate canicolare la Romagna alluvionata ha ballato e cantato, si è abbuffata tra libagioni, canzonette e coretti, quest’ultimi spesso a squarciagola etilica, proprio comportandosi come una sconsiderata cicala, dimentica quanto, pur senza togliere spazio allo svago, sarebbe stato più opportuno impegnarsi, sollecitare e lavorare sodo nel fronteggiare i danni alluvionali: invece no, festa a tutta rumba.

Eppoi, cari amici, diciamocelo con franchezza fuori dai denti che, pur se nel segno della solidarietà, magari, qualche volta, con l’esibizione gratuita degli artisti, le feste “tarallucci e vino” hanno costi inevitabili di allestimento e di gestione, in parte coperti da un biglietto d’ingresso o una quota partecipativa e in parte a carico degli enti promotori, quindi, in ultima istanza, del contribuente nel suo immarcescibile ruolo di “Pantalone paga!” Inoltre, il ricavato da destinarsi in solidarietà non è mai cifra significativa. L’amara verità è che, dalla sua pianura sottacqua e nella melma al suo Appennino con frane, smottamenti, interruzione di strade, la Romagna alluvionata ha scelto di divertirsi, godersela, come nulla fosse accaduto.

Certo, immancabile la conclusione di qualcuno che nella disgrazia bisogna reagire e la vita deve continuare, ma forse, questa volta la reazione è mancata di misura ed opportunità, perché finita fuori dal solco del buonsenso, e la vita, sì, è continuata però con due diverse realtà: quella dei cittadini colpiti e quella dei cittadini senza un minimo graffio a se stessi e alle loro cose. Dovevamo anteporre a tutto i gravi problemi dei primi, invece nel frangente difficile del post alluvione abbiamo confuso i primi con i secondi, così abbiamo ecceduto oltre misura in frizzi e lazzi, quasi minimizzando l’esito degli avvenimenti in un falso “tutto bene madama la marchesa”.

Bene un piffero! Qui c’è chi canta e balla, dall’altra chi fissa tristemente il vuoto! Eppure, chi se ne frega! Intanto, mentre dal suo piedistallo lo statuario triunviro fissava con tanto rimpianto la Roma della sua indimenticabile Repubblica, forse interrogandosi come fosse stato possibile arrivare a questo punto, nella piazza di Forlì si è scatenata, ad esempio, una “due giorni” a tutto liscio col solito, casereccio, logoro refrain retorico-celebrativo di una “Romagna mia, Romagna in fiore” che davvero non esiste più, ancora meno per la cementificazione, l’incuria, lo sfruttamento del suo territorio; ancora altrove, in qualche paesello pedemontano dai dintorni franosi “sgarrupati” si sono ripetutamente organizzate tavolate e bisbocce con il concorso di qualche trattore, da sempre ambiziosamente, ma vanamente aspirante chef, e con la leggiadra partecipazione di qualche sindaco canterino in un improvvisato karaoke. Non mancano altri, numerosi casi di tanto diffuso “pane e ludi circensi” post alluvione, ma non voglio tediare con un interminabile elenco.

Eh, sì, la vita continua e bisogna reagire, peccato che di questo si siano convinti solo i poco meno 2000 forlivesi in piazza Saffi, spettatori della gran kermesse di liscio dello scorso fine settimana; stasera arrivano le barzellette e, sicuramente, riderà di gusto chi non vittima delusa dell’amara barzelletta degli aiuti agli alluvionati, sinora soltanto un fiume carsico, perché ora ci sono o stanno per arrivare, ora non ci sono più oppure se ne parla poco o niente. Nell’estate festaiola della Romagna alluvionata si è colta al balzo anche la palla di alcune ricorrenze religiose, di qualche sagra paesana, persino di qualche celebrazione civile, insomma nulla è stato tralasciato perché a lungo durasse questo happening di euforia collettiva in uscita dal dramma alluvionale.

Non è mancata neppure l’audacia di spacciare per cultura ciò che è stato e sarà ancora solo svago o, forse, dobbiamo convincerci che lo svago, emotivamente sospinto, sia l’ultima, residuale pulsazione culturale di Forlì, magari degna proprio di quella breve misura del “miglio bianco”, recentemente ideata? Certo, lo svago distrae, distoglie dai problemi, ma non elimina la resa finale dei conti di quanti, vittime dell’alluvione, chiederanno il saldo finale: “avete cantato, ballato, brindato e festeggiato, ma noi formiche?”

Franco D’Emilio

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