Galeata, non si offendano i galeatesi, è un piccolo Comune italiano, ma ha un grande titolo di onore che è assai significativo ricordare in questi giorni nei quali ricorre un tragico anniversario ovvero l’ottantesimo della razzia del ghetto di Roma che vide il 16 ottobre la deportazione di oltre 1.000 ebrei romani senza distinzione di età e sesso, vittime della criminale collaborazione tra autorità della Repubblica Sociale e nazisti: solo 16 furono i sopravvissuti. Se le persecuzioni razziali videro tra i carnefici tanti italiani, è vero anche che tanti altri italiani si impegnarono a salvare e proteggere i perseguitati.
Con orgoglio Galeata può vantare ben due suoi figli tra i Giusti delle Nazioni dello Yad Vashem, l’onorificenza riservata da Israele a coloro che si adoperarono disinteressatamente a salvare ebrei dalla deportazione e dallo sterminio. Se il primo, don Giulio Facibeni, fondatore dell’opera educativa per i giovani Piccola Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, è ben noto per la coraggiosa opera di salvataggio degli ebrei a Firenze, il secondo, don Duilio Mengozzi, è tra noi molto meno conosciuto. Nato il 6 novembre 1915 a Strada San Zeno, frazione del Comune di Galeata, allora diocesi di Sansepolcro, Duilio si formò al sacerdozio prima nel seminario della sua diocesi poi a Firenze e a Roma, al Collegio Capranica, completando gli studi alla Università Gregoriana.
Ordinato sacerdote nel 1938, rientrò a Sansepolcro svolgendo la sua opera di pastore in varie parrocchie e dal 1942 l’insegnamento all’Istituto Magistrale cittadino, ricoprendo anche l’incarico di bibliotecario della Biblioteca del Clero. Visse il travagliato periodo successivo all’8 settembre e alla nascita della RSI e all’occupazione tedesca impegnato con gli altri sacerdoti della diocesi sotto la guida dell’anziano ma coraggioso vescovo mons. Ghezzi nell’apostolato in tempo di guerra, nella protezione della popolazione dalla violenza e dalle rappresaglie, nell’offrire asilo a perseguitati. Nello specifico don Mengozzi partecipò all’opera di salvataggio della famiglia Stock, ebrei triestini. Gli Stock, proprietari dello storico marchio di produzione di liquori, avevano avuto a Sansepolcro una unità produttiva e qui avevano cercato rifugio. Così don Duilio ospitò in casa propria la anziana signora Emma Stock, facendola passare per sua madre. Prestò anche servizio in ospedale dove erano nascosti altri rifugiati (prigionieri alleati in fuga, sbandati, altri ebrei), tra i quali il docente di Letteratura Italiana all’ Università di Firenze Attilio Momigliano con la moglie. Il professore di origine ebraica fu con altri anche ospitato brevemente da don Mengozzi nella sua stessa canonica.
Per quanto fatto per gli ebrei perseguitati, don Duilio fu insignito nel 2013 dallo Yad Vashem del titolo di Giusto fra le Nazioni, onorificenza ritirata dalla nipote nel corso della cerimonia tenutasi nella sala consiliare del Comune di Sansepolcro; in ricordo di questo avvenimento nel 2014 un’epigrafe è stata murata sulla facciata del Palazzo Pretorio di Sansepolcro. Don Duilio Mengozzi, spentosi nel 2005, riposa nel cimitero del Trebbio, la prima parrocchia dove giunse dopo essere stato ordinato sacerdote e dove sulla facciata della canonica un’altra lapide ricorda il suo coraggioso impegno a protezione di chi era perseguitato.
Paolo Poponessi