“Fino ad oggi, per evitare lunghe file al Pronto Soccorso molti cittadini anziché recarsi al Pronto Soccorso passavano dai Punti di Primo intervento di Cesenatico, di Santa Sofia o di San Piero in Bagno dove trovavano personale specializzato in emergenza urgenza che gli faceva una diagnosi (triage) e li dirottava direttamente ai vari reparti specialistici degli ospedali bypassando le odiate file al Pronto Soccorso. La Regione Emilia-Romagna ha invece previsto dei Cau (Centro assistenza urgenza) diffusi sul territorio che moltiplicheranno le criticità invece di risolverle. Il risultato pratico di questo ennesimo ridimensionamento del Servizio sanitario regionale voluto dalla sinistra è un taglio ai Pronto Soccorso e ai Punti di primo intervento, una dequalificazione dell’assistenza per l’emergenza-urgenza, uno scollamento tra le strutture in grado di fornire un livello adeguato di cure al paziente. Così non si risolvono i problemi dei Ps e della Medicina d’urgenza, ne con l’inserimento degli specializzandi si può colmare la carenza di personale medico in queste strutture”. Luca Bartolini, ex consigliere regionale e dirigente di Fratelli d’Italia Forlì-Cesena, interviene sulla Riforma dell’emergenza-urgenza in Emilia-Romagna.
“Siamo molto preoccupati soprattutto per Cesenatico, Santa Sofia e tutto l’Alto Bidente, San Piero in Bagno e tutto l’Alto Savio – rimarca Bartolini –. I territori periferici, che un tempo erano presidiati dal Pronto Soccorso poi successivamente ridimensionati a Punti di primo intervento, saranno i più penalizzati: ora la dequalificazione dell’assistenza sanitaria d’urgenza è definitivamente servita. Non bisogna essere degli esperti in materia per rendersi conto che i medici di continuità assistenziale, perché nei Cau presteranno servizio coloro che ad oggi sono impegnati nella guardia medica territoriale, non possono garantire le stesse competenze e la stessa qualità dei medici di Ps, appositamente formati e specializzati in emergenza-urgenza. Il problema dell’intasamento di queste strutture, anche con codici di bianchi e verdi, è un dato di fatto: ma forse avere i Cau vicini ai Ps, separando i percorsi dei pazienti a seguito di triage a seconda della gravità, sarebbe stato più efficace e avrebbe dato più garanzie in termine di sicurezza”.
“I Punti di primo intervento periferici svolgevano un importante servizio di triage. Con i Cau questo filtro preventivo non avverrà più e quindi probabilmente le file al Pronto soccorso di Forlì e Cesena aumenteranno, perché le riduzioni di utenti assorbiti dai Cau per codici bianchi e verdi, saranno superate dagli utenti delle vallate o del mare, che prima godevano di un triage nelle strutture sanitarie periferiche ora definitivamente depotenziate. Infine non va neppure sottostimata la pericolosità di non avere dei Cau adiacenti al Ps, una sopraggiunta necessità avrebbe avuto risposta più celere: a volte disturbi apparentemente lievi possono nascondere problematiche gravi, necessitano di diagnosi specialistiche, e non si può lasciare al cittadino l’onere dell’autodiagnosi come pretende la sinistra” insiste Bartolini.
La Regione, tranne che nel caso di Ravenna, ha preso però una strada diversa. “I Cau creati all’interno delle Case di Comunità scontano le criticità evidenziate – prosegue l’esponente di FdI –. Vi prenderanno servizio medici senza una adeguata specializzazione in emergenza-urgenza, come i medici di medicina generale e di guardia medica alle prime armi, oppure gli specializzandi. Medici che opereranno con una minima strumentazione e si badi bene che una semplice indagine ecografica non è una competenza che hanno tutti i medici. Inoltre nelle Case di Comunità manca una struttura alle spalle con tutte le discipline diagnostiche che si possono trovare in un ospedale. Davanti alla carenza di personale la Regione si rifugia nella propaganda politica spacciando per grandi opportunità quelle che sono vere e propri depotenziamenti definitivi dell’emergenza delle zone periferiche. Anche la novità dell’inserimento degli specializzandi, ultimamente enfatizzata dalla Regione, è davvero poco convincente: chi li seguirà? Chi li formerà se nei Cau verranno impiegati solo medici della continuità assistenziale e per lo più alle prime armi? La triste verità è che i cittadini pagheranno ancora una volta la disastrosa gestione delle politiche sanitarie in Emilia-Romagna e vedranno abbassarsi pericolosamente il livello del servizio di assistenza”.