Sicuramente il tema della cultura tornerà motivo di confronto tra centrodestra e sinistra alle prossime elezioni amministrative a Forlì, ma entrambe le parti devono, innanzitutto, liberarsi di un loro comune vizio, grave pregiudizio per qualunque programma culturale: il dirigismo politico. Questo limite ovvero il ruolo dominante della politica nello stabilire la gestione culturale di un Comune ha sempre manifestato, pure a Forlì, due conseguenze negative; la prima è quella di contenere, appiattire la libera creatività e aspirazione culturale della comunità cittadina; la seconda quella di imbrigliare nella gestione burocratica del ristretto dirigismo politico un mondo davvero vasto di soggetti culturali, mai considerati in un vero programma, sia di priorità ed opportunità sia di loro costante e sincronica reciprocità: biblioteche, musei e archivi; poi, teatri, gruppi teatrali e musicali; ancora, scuole, librerie, circoli culturali di varia finalità.
Proprio questo ampio mondo costituisce l’identità culturale attuale di ogni Comune che il sindaco, la giunta comunale, qualunque sia il suo colore, deve dimostrare di saper assecondare anziché frenare o forzatamente mutare: la promozione e la valorizzazione della cultura del territorio deve, dunque, prevalere e non sottostare costantemente ad eventi, mostre, certamente rilevanti se non eccezionali, ma pur sempre di limitata e solo momentanea ricaduta sullo sviluppo delle risorse culturali indigene, passatemi il termine, della nostra città.
Bisogna anche aggiungere quanto nella gestione culturale forlivese sia sempre stata evidente la disparità tra la classe politica dirigente, sindaci e assessori, solitamente poco competente, quindi scarsamente autorevole e credibile, e, invece, un mondo culturale di operatori e cittadini molto serio, preparato, al passo con l’innovazione e la sperimentazione. Come dimenticare l’insana scelta di una trascorsa giunta forlivese di sinistra di collocare l’archivio storico comunale nella sede insicura in via Asiago, come ha dimostrato il disastro alluvionale?
A Forlì nei decenni della sinistra al governo e negli appena cinque anni, gli ultimi, della prima sindacatura di centrodestra non è mai stato disponibile un utile piano, programma culturale di certo riferimento attuativo, soprattutto nella lungimirante ottica di perseguire cento per realizzare almeno cinquanta degli obiettivi posti. Da tempo domina, prevale solo la precarietà, come ad esempio, quella degli spazi culturali comunali, gestiti fuori dalla finalità della piena valorizzazione del patrimonio del nostro territorio e, addirittura dati in uso ad altro ente, intendo al riguardo il restaurato Asilo Santarelli; da tempo qualche perla, novità di politica culturale deriva soltanto da qualche estemporanea trovata, anche con la pretesa della genialità, come il “miglio bianco del razionalismo forlivese”.
Per una più esplicita, proficua politica culturale forlivese dobbiamo limitare la spettacolarità della cultura, ancora di più la confusione che ogni esibizione di spettacolo possa annoverarsi come evento culturale; dobbiamo poi recuperare contro il dominio politico il fondamentale “legame sociale” della cultura che in modo identitario lega ogni cittadino, quindi pure ogni forlivese, alla propria comunità cittadina; infine dobbiamo estendere, anzi recuperare quell’ascolto culturale che la politica locale ha dimenticato o spesso trascura nella convinzione dell’esclusivo proprio ruolo dirigistico. Su queste problematiche di grande attualità culturale mi auguro un utile confronto elettorale.
Franco D’Emilio