Alla fine, eccolo, il fior fiore degli intellettuali forlivesi, chi più chi meno, fiancheggiatori della sinistra, quindi ora proni in un pubblico, plateale, pure servile endorsement o sostegno, che dir si voglia, a favore di Graziano Rinaldini, candidato sindaco di Forlì. Certo, non è un bouquet, insomma la composizione di preziosi fiori, disposti con la consapevolezza della creazione unica: no, al massimo, un mazzo disordinato di inodori e futili fiorellucci intellettuali; pochissimi, anzi rari quelli gradevoli e di valore, dunque perlopiù fiorellucci insignificanti, caduchi al primo soffio come i soffioni del tarassaco; infine, neppure un papavero, tanto si è dissolto il rosso vivo della sinistra che fu.
Si sono così palesati 46 intellettuali forlivesi, in massima parte complici sostenitori del PD e del candidato Rinaldini, per questo firmatari di una lettera contro i trascorsi e ancora possibili mali culturali, addebitabili alla vecchia o ripetibile giunta Zattini. Dai, l’intellighenzia della sinistra forlivese s’è spremuta oltre misura, riunendo fior di cervelli, poco sopra i canori “quarantaquattro gatti in fila per sei con resto di due”; però, di nuovo dai, non è tutto oro quel che luce o ambisce luccicare: infatti, c’è diverso ottone, anche qualche immancabile patacca. Non è giusto che tutti i 46 fiorellucci possano annoverarsi come “esponenti della cultura forlivese” perché, ahimè, allora quest’ultima dovrebbe considerarsi veramente decaduta nel sequel cinematografico di “Mio Dio, come sono caduta in basso!” senza, fra l’altro, neppure la conturbante bellezza di Laura Antonelli.
C’è di tutto, poco grano e molta gramigna. C’è la compagnuccia snob, fine intellettuale del copia e incolla; c’è più di un ciceronesco saputello che confonde l’aneddotica con la storia cittadina. C’è qualche titolata persona accademica, così consapevole della sua coscienza politica di sinistra, ne son stato testimone da funzionario responsabile della sala studio dell’Archivio di Stato di Forlì, da avere la faccia tosta di pretendere di non dover rispettare le regole, per legge imposte ad ogni utente, o, magari, addirittura di poter andare direttamente nei depositi archivistici a cercare i documenti di proprio interesse oppure, ancora, che un nuovo archivio fosse riservabile alla sua consultazione, prima che a quella di tutti gli studiosi: non ho mai ceduto, lasciando chiunque con le pive nel sacco. C’è, per concludere, più di qualche frustrato nelle sue ambizioni culturali, adesso tanto temerario da indossare le vesti dell’intellettuale critico e inquieto, ma ci faccia il piacere!
Dove sta la libertà della maggioranza di questi firmatari? Intendo, ovviamente, la libertà quale pregiudiziale dell’autonomia e del ruolo del vero intellettuale rispetto alla politica: il contenuto della lettera firmata dai “quarantasei gatti in fila per sei con resto, questa volta, di quattro” suscita nei suoi tempi elettorali di pubblicazione l’impressione di un soccorso servile, pure indignitoso al candidato Rinaldini. Sono stato spesso critico su talune iniziative culturali della trascorsa giunta Zattini, né mi sono astenuto da considerazione negative sul modus operandi dell’assessore alla cultura, Valerio Melandri, che mi auguro, dopo l’imminente voto, resti definitivamente ex, quindi sostituito da qualcuno, soprattutto più incline al confronto, più empatico.
In un documento dettagliato di pochi giorni fa Gian Luca Zattini ha illustrato quanto da lui realizzato per la cultura forlivese: forse si poteva fare di più, ma è pur vero che la politica culturale di Zattini ha dovuto confrontarsi sfavorevolmente con altre priorità, con impreviste necessità, con inattesi frangenti, sempre con pesante difficoltà di scelta. Neppure si può accusare Zattini di aver sottovalutato o sottaciuto o eluso problematiche culturali della città: questo può e deve riconoscersi alla sua onestà politica di buon amministratore, anche sotto il peso di pesanti eredità, non escluse quelle, ad esempio anche per incuria, dell’area culturale, lasciategli dai predecessori sindaci di sinistra sino al 2019. Credo che il candidato Rinaldini e i suoi 46 supporter di tanto fine intellettualismo critico debbano giustamente considerarsi con le seguenti parole di Niccolò Machiavelli: “Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno”. Chi ha buone orecchie, intenda.
Franco D’Emilio