Non resta che attendere cosa mai concretamente e, ci auguriamo, al meglio riesca a combinare questa giunta Zattini bis, purtroppo sgonfiatasi al suo debutto in Consiglio comunale come un soufflé mal riuscito. Non si tratta di un’entusiastica speranza, non ve n’è motivo, ma solo di un’attesa, nonostante tutto, ancora minimamente viva che fioriscano se son rose o, perlomeno, il gioco della politica valga tuttora il lume della candela.
Per ora, da parte di tutti gli assessori, di prima e seconda mano, abbiamo sentito e letto tante dichiarazioni di buoni intenti, di progetti nuovi o riesumati dal passato, nessuno dei quali, però, in una scala di interventi programmati per priorità e opportunità ovvero cosa prima debba realizzarsi per rispondere alle esigenze, alle necessità, più o meno urgenti, dei cittadini forlivesi. Adesso, le presentazioni salameccose degli assessori sono finite, i volti di questi stessi amministratori li abbiamo bene impressi in memoria, quasi foto segnaletiche nel lustro di viaggio di questa giunta; non è più tempo che il mulino politico giri a vuoto sulla pula di chiacchiere al vento, ora è tempo di farina dal grano promesso, dunque seminato ed effettivamente raccolto.
Ogni assessore pare convinto di tessere una propria tela, invece è soltanto il filo con altri fili della trama di questa giunta, chissà se seta o volgare cotonaccio. Qualche certezza c’è e, forse, a seconda delle idee e dei valori personali, può rallegrare o inquietare i forlivesi: di nuovo, feste, luminarie, sfilate con ricchi premi e cotillons; ancora i soliti concerti pop e gli ameni mercatini di specialità enogastronomiche italiane e straniere dai prezzi tagliagole; infine, assicurate le adunate sportive di varia disciplina.
Cose trite, sperimentate del passato, ma, si sa, il passato spesso è un ritorno che giova, per questo non guasta: un po’ come l’idea della possibile intitolazione di una strada cittadina a Sergio Ramelli, il giovane militante del Fronte della Gioventù, organizzazione del Movimento Sociale Italiano, morto a Milano nel 1975 per le conseguenze di una vile aggressione da parte di esponenti della sinistra extraparlamentare. Iniziativa, quest’ultima, che comprendo e condivido per il suo significato ai fini della memoria storica, relativamente alle vittime dell’uno e dell’altro fronte nella terribile stagione degli anni di piombo e della “strategia della tensione”, tuttavia non ne ravvedo un’immediata urgenza, tanto più in un momento nel quale, giustamente, il Presidente del Consiglio Meloni, a conferma della sua volontà di pacificazione nazionale, dichiara il pieno distacco ideologico e storico dal Fascismo del suo partito, Fratelli d’Italia.
Forlì chiede, innanzitutto, un presente sicuro e fattivo di risultati positivi, poi la costruzione di futuro a breve e media scadenza che delinei una città più efficiente nei servizi, più solida nei suoi valori identitari e culturali. Non resta, dunque, che incrociare le dita e attendere: se son rose fioriranno, diversamente prevarranno davvero le pippe, già nella notorietà dell’attuale maggioranza di centrodestra.
Franco D’Emilio