Pochi giorni alla fine di un’opaca, scontata campagna elettorale e il territorio forlivese andrà al voto regionale dell’Emilia-Romagna, molto spesso turandosi il naso alla Montanelli oppure prendendo coraggio con un lungo respiro, rassegnato a levarsi di torno il pensiero, l’incombenza del voto. La scelta tra i candidati è misera, relativamente a tutti i partiti: non brillano effettive competenze, mancano esperienze significative della prassi politica, latitano proposte innovative, insomma il solito, misero “gran bollito” di ossa della politica nazionale e locale, da tempo ridotta, appunto, soltanto a incombente, spettrale presenza scheletrica che complica più che risolvere.
Eppure, con tanta faccia tosta, persino insolente, o con tanta sfrontatezza si sono proposti oppure riproposti candidati, dunque novellini o vetusti, perlopiù inaffidabili perché, al debutto o alla resa dei conti, solo nomi di fumosa consistenza. C’è di tutto: il sindaco scaduto da riciclare; l’ex sindaco in cerca di riscatto e nuova verginità, credibilità politica dopo ripetuti tonfi, pure agli onori della cronaca giudiziaria; ragazzotti della cosiddetta “generazione Zeta” ovvero nati tra il ’95 e il 2010, erroneamente elevati a simbolo di eccessive, malriposte speranze, perché, sotto sotto, sospinti dall’antica logica arrivista “se è andata bene ad altri perché non devo provarci anch’io?”; dopo una spazzolata dalla polvere e dalla naftalina, addirittura la ghiotta novità di candidati, recuperati dai fondi di magazzino dei partiti.
Infine, non mancano neppure quelli che definisco “candidati alla pecora Dolly”, ossia appositamente clonati nei laboratori di partito, inseguendo modelli di trascorse glorie politiche forlivesi. Siamo, comunque, costretti e chiamati, cosi, a votare autorevoli “signor nessuno”, ai quali affidare il proprio futuro regionale e quello dei nostri figli, ma con quale garanzia? Nessuna, sarà, come sempre, un voto fideistico, a scatola chiusa, insomma un salto chissà dove, o la va o la spacca! Pure noi forlivesi, siamo chiamati e costretti ad essere partecipi della fittizia democrazia di un’Italietta elettorale a mezzo servizio, interpellata e utile solo quando nell’interesse dei partiti e della conservazione del loro potere.
Ogni giorno, dagli amici ricevo una dettagliata rassegna stampa, anche diversi video, o solo audio, della campagna elettorale forlivese, ma tutto questo materiale mi convince sempre di più quanto la proposta politica regionale del territorio di Forlì abbia la consistenza di un budino malamente gelatinoso e insapore, risulti soprattutto un bluff elettorale, destinato a svaporare l’indomani dopo il voto. In questi ultimi giorni di battage elettorale siamo, poi, davvero alla frutta, alla banalità dell’ultimo slogan, disperatamente vuoto e vanitoso: una candidata gioca sul fatto che già il proprio nome contenga, esprima l’esplicito riferimento al valore politico della propria persona, ella “Vale” perché quasi predestinata, politicamente unta per via battesimale.
Approfitto per togliermi un sassolino dalla scarpa. Mi ha telefonato un candidato, indispettito da mie parole, accusandomi di astio nei suoi confronti: l’ho liquidato per vie brevi senza ritorno, convincendomi quanto, spesso, le persone, giovani o vecchie che siano, magari candidate a qualche carica, non tollerino il dubbio altrui su proprie aspirazioni all’autorevolezza politica. L’astio è di solito il sentimento negativo, vissuto da chi invidioso o geloso dell’altrui fortuna oppure rancoroso per gravi torti subiti, per questo credo che taluno mio detrattore con quest’accusa a vanvera di astio si sopravvaluti veramente oltre misura, ritenendosi degno della mia invidia, gelosia o, persino, del mio rancore: la sua è solo spocchia, anche elettorale, ferita e indispettita perché smascherata agli occhi di tutti, ancora di più degli elettori.
Franco D’Emilio